Chi, come me, lavorava a Londra ai tempi della Signora Thatcher regnante, aveva assistito in diretta al salvataggio politico, economico, morale, del Regno Unito, ammirandola (da ex operaio il mio giudizio positivo valeva doppio), che ha poi subito lâinettitudine strutturale di David Cameron (un Obama inglese), ora non può che aggrapparsi a Theresa May e chiedersi âsaremo a fine corsa?â Niall Ferguson, lâunico che abbia analizzato in profonditĂ il discorso di May al congresso dei conservatori di Birmingham, si chiede: âsono finiti i trentâanni (1979-2008) di sfrenata globalizzazione e della sua ancella, la tecnologia dellâinformazione?â Aggiungo io, è stata lâepoca dei mercati globalizzati e drogati, mutuando Trump, dellâerezione continua, con stupri osceni delle classi medie e povere. Trentâanni nei quali ânoi ĂŠlite abbiamo pasteggiato a caviale e a champagne, parlavamo tre lingue, avevamo tre case, curiosamente nessuna nel luogo in cui eravamo natiâ. La âfesta è finitaâ, amava dire Gianni Agnelli, a volte ci imbroccava. Non câè dubbio che questi trentâanni siano finiti, di piĂš, stanno marcendo, se non ci affrettiamo a gettarvi calce viva, porteranno pure noi nella tomba. Ci voleva una donna (Chapeau!), ci voleva il partito conservatore per eccellenza, quello inglese (Chapeau!), per prendere atto del fallimento, non certo del modello liberale, ma della sua versione illiberale delle banche dâaffari di Wall Street e delle losche corporation di Silicon Valley, dei regolatori dal piglio militare, dei politici riconducibili ai G7. Tre i concetti che la Signora May si è impegnata a declinare nel dopo Brexit, eccoli: â1 Dovremo mettere il Governo al servizio della classe lavoratrice; 2 Lo Stato esiste per offrire ciò che i mercati non sono capaci di offrire; 3 Dovremo individuare le aziende industriali di valore strategico e sostenerle con idonee politiche, di ricerca e sviluppo, commerciali, fiscali, infrastrutturaliâ. Insomma una politica thatcheriana al servizio del lavoro, lâunica prioritĂ di questâepoca sghemba. Ormai è chiaro, lâuberizzazione del lavoro impostoci ha un materiale di risulta certo: il lavoro diventato e trattato da commodity, scomparsa della classe media, lavoratori disoccupati, precari, infine zombie, grazie al reddito di cittadinanza. Eâ di due giorni fa la sentenza del Central London Employment Tribunal che impone a Uber di assumere i 30.000 driver che scorrazzano per Londra, perchĂŠ âsono lavoratori che non lo fanno per gioco ma per vivereâ (magistrale ironia inglese). Grazie alla loro magistratura e a Theresa May gli inglesi, dopo lâubriacatura della gig economy, riaffermano uno dei principi sui quali poggia la filosofia dellâascensore sociale: non si lavora per hobby, ma per avere una vita dignitosa. Il capitalismo liberale deve essere preservato da una banda di teppisti digitali. Unâinformazione di servizio per i lettori: non chiamerò piĂš costoro âfelpe californianeâ, avendole loro abbandonate, sostitute da âgilet di pileâ (è un tessuto tecnologico, ndr). Dopo il discorso di May mi chiedo: siamo vicini al fine corsa, al momento della veritĂ ? Che poi avvenga fra un anno o dieci poco mi importa, lâimportante è il trend, come lo è questa sentenza, in fondo ovvia. Chiediamoci invece se noi ĂŠlite saremo capaci di una feroce autocritica, chiedere scusa al popolo per le ricette propinate loro in questi ultimi trentâanni, rottamare tutta la classe dirigente ora al potere. La cultura dellâerrore non lâabbiamo ancora chiara, ci fa velo lâinfinita arroganza nella quale ci rotoliamo nelle nostre ideologie. Eâ dalla cultura dellâerrore che bisogna passare se si vuol crescere veramente, come popoli, come civiltĂ .
Su noi italiani, per una volta tanto sono ottimista, di tutti gli altri popoli occidentali siamo i piĂš fortunati, non dobbiamo neppure modificare la Costituzione, basta applicare lâarticolo 1, una Repubblica fondata sul lavoro. Tutto il resto è fuffa.
Riccardo Ruggeri