Divertissement domenicale. Dopo anni di fallimenti di “competenti”, gli “incompetenti” meritano una chance?

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Il sistema mi costringe a mettere le mani avanti: il mio non è un auspicio, è un banale divertissement domenicale. Non voglio grane. Chiaro?

Mai nella storia della Repubblica, fatto salvo il 18 aprile del 1948, i cittadini elettori erano stati così chiari: il 55% ha votato per tre outsider Luigi Di Maio, Matteo Salvini, Giorgia Meloni, affidando a due giovani uomini, e a una mamma il paese. Tre “incompetenti”, come dicono i colti? Possibile, ma irrilevante. Vorrebbero scrivere che “incompetenti” sono quelli che li votano, ma il pudore li trattiene.

Eppure, per tutta la Seconda Repubblica siamo stati governati da “competenti certificati”, alcuni “super competenti”, con titoli accademici chilometrici, endorsement internazionali incredibili. Obiettivi, programmi, strategie tutti di alto profilo intellettuale. Purtroppo, per loro e per noi, l’execution si è rivelata scadente, i risultati francamente imbarazzanti. Giudizio finale (sofferto): “incompetenti certificati dal campo”.

Allora il ragionamento dei cittadini-elettori è stato banale: “Quelli che ci hanno governato finora hanno fallito clamorosamente (siamo semplicemente più poveri, più precari, più insicuri), mandiamoli a casa, proviamo questi, tanto incompetenti per incompetenti …”. Nella vita (vera) succede così. Vale per l’idraulico come per il Nobel: contano execution e risultati, il resto è fuffa.

Avranno finalmente capito che la filosofia del “meno peggio” è a fine corsa?

L’establishment si sarà accorto che è con le spalle al muro? Sognavano un governo guidato dal Partito della Nazione (Matteo RenziSilvio Berlusconi-Emma Bonino e cespugli vari): i cittadini l’hanno, democraticamente, affogato nell’urna.

Renzi, astuto, si è defilato il giorno dopo. Come premier è stato imbarazzante, ma come politico è una volpe: ha capito che deve rimanere in letargo. Tanto dovranno richiamarlo, se vogliono salvare il Pd dall’implosione.

Berlusconi è disperato, non riesce a trovare chi può proteggere la “roba”, è disposto a tutto, persino a offrire come merce di scambio l’asset del cuore, Fi.

Bonino non ha mercato, fuori dai quadrilateri. E di quadrilateri ce ne sono troppo pochi: il modello è parco, abbonda di periferie, in futuro di favelas.

Chi si illude di andare a nuove elezioni, se lo scordi: cittadini e parlamentari in carica sono contrari. I “perdenti della globalizzazione” hanno fatto bingo, staranno aggrappati a questi risultati per cinque anni.

L’unica opzione, di certo gradita al Presidente Sergio Mattarella, resta un governo di salute pubblica (tutti dentro) ma ha un significato solo se preserva la salute politica (futura) dei tre vincitori.

L’Europa? L’ultimo dei problemi. Com’è lontano quel magico 2011, quando c’era il mitico burrone che ci attendeva e in nome del quale per anni si è fatto di tutto (in realtà dentro ci sono finiti solo Berlusconi e Bersani). Ora, con i nodi che stanno arrivando al pettine, i burroni sono diventate buche e si sono diffuse in tutt’Europa. Lasciamoli alle loro seghe mentali e agli psicanalisti franco tedeschi che li hanno in cura.

Così ad agitarsi sono rimasti l’establishment, le sue staff, media compresi, gli sfridi del Pd (renziani free), Berlusconi. Parlano di giochi politici che non interessano più a nessuno. Gli elettori hanno scelto, chi ha vinto conduca i giochi, si faccia un governo di salute pubblica (tutti dentro) guidato dai tre vincitori che durerà quanto decideranno loro, e dal quale si può solo scendere. C’è un proverbio indiano che si attanaglia al nostro caso “Se cavalchi una tigre non puoi scendere, altrimenti la tigre ti divora”. Vale in politica, e pure in medicina.

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