Abbiamo un establishment così low cost che tratta nello stesso modo il terrorismo islamico e il terremoto.

In meno di una settimana il dossier “Terrorismo islamico a Barcellona” si è sgonfiato. Ci mettiamo sempre meno tempo a metabolizzare questi eventi che a noi della vecchia guardia paiono drammatici, tanto ci coinvolgono emotivamente. Invece, passano pochi giorni e, come d’incanto, un fatto nuovo archivia tutto il pregresso, e torniamo alla casella di partenza, nella più bieca normalità. E’ ciò che vuole questo establishment low cost. Avranno ragione loro? In fondo favorire il randagismo umano e il meticciato culturale non è mica vietato dalla costituzione.
In tempi non sospetti avevo paragonato il nostro attuale approccio al terrorismo islamico a quello che abbiamo verso i fenomeni naturali, come i terremoti: un’analisi feroce verso il nostro establishment low cost. Puntuale, seppur per caso, è arrivato il terremoto di Ischia, e Barcellona cancellata.

I “terroristi islamici”, vengono declassati a “giovani marocchini, studenti modello, in pochi mesi radicalizzati da un imam che si spacciava per tale senza esserlo”. Per fortuna che l’imam-non-imam è morto nello scoppio delle sue bombole di gas assumendosi così tutte le colpe, senza dover ricorrere a malattie mentali di cui spesso soffrono quelli non difendibili altrimenti.
Inutile continuare nell’analisi, meglio concentrarci sulla lettera (bella) che un bravo collega, Massimo Giannini, ha mandato alla figlia, prossima Erasmus in quel di Parigi, invitandola a non aver paura. Repubblica lo sostiene con altre lettere di altri Erasmus senza paura. Si rivelerà la mossa chiave (Chapeau!) per uscire dall’ imbarazzo della realtà e rifugiarsi nel magico mondo dei sogni liberal.
Un lettore, immagino ex Erasmus oggi quarantenne, direttore di un’importante azienda di Barcellona, mi scrive che sabato ci sarà un’imponente manifestazione dal titolo tipico di chi è terrorizzato: “Non abbiamo paura”. Dalla mail è chiaro che si vergognino non tanto della loro paura (aspetto umanamente comprensibile), quanto della loro rassegnazione. Facile per me ripetere, dall’alto dei miei anni, che la rassegnazione è l’ultima stazione prima del capolinea, ove sarà presente la sola sottomissione. E ripeto fino alla noia, non c’è nulla di male a rassegnarsi e a sottomettersi ad altri, l’abbiamo fatto per secoli, l’importante è dircelo, almeno fra di noi.

Pure rassegnati verso il terremoto, anche se un amico giapponese, ormai “europeizzato”, soprattutto nel linguaggio, saputo che la magnitudo è stata 4.0 l’ha definita una scoreggina (che figura!).  Il ministro Graziano Delrio ha ripetuto il dato già noto molti governi fa “Abbiamo 10 milioni di case a rischio sismico 1 e 2 e l’80% del territorio a rischio idrogeologico. Per le case deve esserci l’obbligo del certificato antisismico”. Detto da un ministro al potere da quattro anni e di un partito al potere da una trentina (il Pd con il suo degno pendant Berlusconi), sono frasi senza senso, del tipo “Non abbiamo paura” o “Non avranno il mio odio”.

D’altra parte abbiamo un establishment che ci offre un’incredibile stile di vita low cost: pensa te, andiamo a Londra con 19 € e ci cibiamo di omelette surgelate di uova olandesi inquinate, ma viviamo in 10 milioni di case senza certificato antisismico, in un paese altamente sismico. Creduloni o idioti?

In appena un quarto di secolo, il ceo capitalism ci ha ridotto proprio male. La nostra cifra è diventata la paura, paura di perdere il lavoro, la pensione, la salute, paura del diverso, dello straniero, della mucca (pazza), del suino (messicano), della gallina (asiatica), dell’uovo (olandese). Scrive Libération “L’uovo diventa ostaggio del meglio e del peggio di cui siamo capaci. Il peggio: milioni di abominevoli polli in batteria, vittime dell’industria agroalimentare e di uno stile di vita (arieccolo!, ndr) ultra consumista. Il meglio: galline super coccolate all’aria aperta che becchettano erba medica e fanno uova che gli chef stellati sacralizzano per le élite ….”. Quando tutto è low cost, leadership in primis, che altro pretendere? E’ il ceo capitalism, bellezza.

Riccardo Ruggeri

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