La trottola Renzi di nuovo in campo: vuole riprendersi il Pd, ma il mondo è cambiato

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Per noi analisti questo è il momento della riflessione, dobbiamo cercare di capire con quali strategie i singoli partiti-movimenti si posizioneranno e si struttureranno per arrivare alle prossime elezioni politiche. Ho letto tutto quello che hanno pubblicato i giornali e ascoltato varie trasmissioni tv. I migliori stimoli li ho ricevuti, al solito, pur nella loro totale diversità di vedute, dal Foglio, dal Fatto Quotidiano e da La7. I punti fermi sono due: a) Matteo Renzi ha deciso di non accettare il giudizio popolare, di non ritirarsi o a vita privata (come aveva giurato) o mettersi in pausa per almeno un giro (come gli suggerivano i suoi amici veri); b) al di là delle dichiarazioni pubbliche, nessuno, salvo Renzi e la sua guardia imperiale, hanno interesse ad andare alle elezioni anticipate, tenuto conto che le Camere si sciolgono esattamente fra 12 mesi. Gli stessi pentastellati hanno bisogno di risolvere molti problemi, il tempo quindi non gioca a loro danno.

Due le domande da porsi: 1) all’establishment italico e al Pd conviene forzare la mano per andare alle urne in primavera o non  è preferibile la scadenza naturale?; b) entrambi hanno interesse a puntare ancora su Renzi?

Rispondere affermativamente alle due domande significa puntare sull’sms Lotti: «Il 40% dei voti al Sì al referendum sono di proprietà personale di Matteo Renzi», quindi nessuno dei detentori del rimanente 60% (pentastellati, leghisti, sinistra, destra non berlusconiana), dovendosi dividere il malloppo, può vincere. Il che è vero, ma solo in teoria: nella pratica i cittadini hanno dimostrato di aver capito la potenza del loro voto, hanno individuato in Renzi il leader delle élite (è votato massicciamente nelle oasi del lusso), quindi, pur di punirlo, concentrano il loro voto nel partito d’opposizione più forte, se del caso turandosi il naso.

Gli elettori, specie i veri vincitori del referendum (i giovani dai 18 ai 34 anni), hanno cambiato natura: non più ideologico-dipendenti, ma emotivamente-punenti. Per costoro, il Renzi post referendum si è trasformato nella tavola-bersaglio sulla quale praticare il gioco delle freccette.

Lo confesso, il giovane toscano mi ha spiazzato per come ha gestito la sua sconfitta. Perché non ha elaborato il lutto in modo completo? Perché ha cercato di cavarsela con una frase infelice, «non ho un paracadute, non ho uno stipendio, non ho un vitalizio, non ho l’immunità» (come milioni di italiani, si potrebbe chiosare)? Una battuta e il passato è stato cancellato: troppo semplicistico.

Un torneo di playstation con i figli, ed è già in campo. Personaggio curioso, Matteo Renzi. Passa sei mesi in giro per l’Italia (utilizzando aerei blu, elicotteri blu, auto blu) per il referendum, perde, raccoglie le sue scatole, le trasferisce a Pontassieve, qualche giorno in famiglia, e via al tour per le primarie del Pd (con il camper?). Ammesso che le vinca, brigherà per far cadere il governo Gentiloni e andare a nuove elezioni.

Quindi, zaino in spalla e via per una nuova compagna elettorale su e giù per l’Italia. Il linguaggio sarà quello della Leopolda? Lui, dialetticamente, sarà ancora più bravo, un solo problema: come lo prenderanno gli italiani? Nel frattempo quale sarà stata l’evoluzione del «suo» ex mondo (2014-2017)? Il capitalismo deviato, la demolizione della dignità dei lavoratori, la globalizzazione deviata, la tecnologia deviata, l’europeizzazione deviata, la sciagurata politica sull’immigrazione, come questo cocktail di problemi politico-economici, di qui ad allora, si saranno riconfigurati? Quale nuova narrazione ci farà? Lo storytelling personalizzato risulterà ancora una strategia vincente?

Di certo, non ci saranno più l’amico David, l’amico Barack, l’amica Hillary, l’amico François, l’amica Angela (che, se ci sarà, avrà assunto la forma di anatra zoppa). L’establishment sarà stato rinnovato, i direttori dei mass media saranno meno succubi e così gli editori, insomma un mondo parzialmente rinnovato, tutto da scoprire. Auguri, sinceri.

Riccardo Ruggeri

 

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