Intervista sotto l’ombrellone. 3) Lo spariglio nei giornali

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Domanda. Riccardo, qual è il tuo commento sull’intervista, derubricata a chiacchierata, che il direttore del “Foglio” ha fatto a Urbano Cairo, nuovo patron di Rcs?
Risposta. Il tentativo di Claudio Cerasa di estorcere a Cairo quale linea editoriale (politica) seguirà il Corriere della Sera (finalmente di proprietà di un editore puro e non di un cenacolo), e lo sapeva pure lui, non poteva aver successo. Cairo, da autentico “mandrogno” (chi non ha vissuto o operato – il mio caso – in quella terra aspra e selvaggia, sulla riva del Tanaro alessandrino, non può capire l’intelligenza e la determinazione di questo popolo antico, alcuni dicono di matrice saracena), si è nascosto dietro a un inattaccabile: “La linea editoriale è quella decisa dal direttore, non quella imposta dall’editore”. Non essendo interessato all’aspetto politico, mi soffermo su due frasi, per me chiave, riguardanti business e management, il mio mondo.

D. Quali?
R. Primo, dice Cairo, “Immagino lo sviluppo di Rcs con nuovi prodotti, con più contenuti, non escluderei nuovi giornali (settimanali o quotidiani è da vedere), ma lo spazio c’è. Ci vuole aggressività, ad esempio perché non abbassare per un mese il prezzo per renderlo accessibile a un numero maggiore di persone?”. Secondo: “Circa la Spagna intervenire in modo urgente (…) non solo sui costi ma anche sul percorso editoriale”.  L’uso del termine “percorso”, per intendere tutt’altro, lo trovo geniale.

D. Che cos’è che trovi tanto eccitante?
R. Chi riesce a sintetizzare così una strategia, significa che la domina, soprattutto ci crede, aspetto fondamentale per il successo. Eccola: a) uscire in qualche modo dalla Spagna, è il buco nero che può affossare Rcs; b) ripulire il portafoglio prodotti, far diventare il Corriere e la Gazzetta dello Sport due macchine da soldi. È possibile. La scelta del momento in cui intervenire è stata perfetta: gli Agnelli erano appena usciti, svendendo; Carlo De Benedetti aveva aperto i giochi con la mossa del “consolidamento” (Repubblica-La Stampa-Secolo XIX), tipica del leader, e ottima per abbattere i costi; il vecchio scenario dell’editoria dei giornali (cartacei e internet) era saltato per sempre; tutti gli altri concorrenti, grandi e piccoli, veri, falsi, potenziali, erano attoniti. Non sapendo che fare, decisero di comprare tempo, così fece la politica.

D. Per farmi capire meglio, puoi inventare una delle tue stravaganti metafore?
R. Mi ricorda la strategia del rinnovamento della flotta militare Usa. De Benedetti ha abbandonato la vecchia corazzata, creato una portaerei di ultima generazione (la Gerald Ford?), confermandosi leader del mercato. Cairo ha scelto di non seguirlo. Mai una corazzata, si sarà detto, meglio puntare su una nave potente ma agile nei movimenti, un incrociatore di ultima generazione (classe Zumwalt?). A questo punto, quale sarà il destino del Sole 24 Ore? Che cosa s’inventerà? Vedremo, al momento pare fuori dai giochi. Per gli altri giornali il problema resta lo stesso di prima, forse peggiorato: galleggiare. Quando si scontrano due big, resta un enorme spazio, sommatoria di tanti piccoli territori (vedi le edizioni locali) a disposizione dei corsari. Per il completamento della flotta resta un posto: non può essere una nave di superficie, non c’è più spazio, ci vuole un sommergibile di ultima generazione (classe Virginia?), di grande manovrabilità. Chi avrà il coraggio di puntarci, e completare così la “tripolarità” di quest’epoca strategicamente bastarda che gli establishment avevano concepito come bipolare?

D. Mi hai convinto. Quindi c’è spazio per un terzo giornale, nuovo di zecca?
R. Sì, secondo la mia analisi lo spazio c’è. Non avendo alcun interesse, puro divertissement il mio, ci studio da un paio d’anni, cogliendo sparsi “segnali deboli” di un settore che più maturo non si può, com’è il giornale cartaceo. C’è un mercato, di certo grezzo ma numeroso, di lettori. Prendi qualsiasi sondaggio, somma indecisi, non votanti, gran parte dei pentastellati, almeno un terzo della destra e troverai un “popolo” che ha finalmente capito la strategia della Classe Dominante: impoverire la classe media, sedare quella povera. Dopo Brexit ha pure capito che il “suo” voto è un asset formidabile. Questo è un giacimento a cielo aperto di persone che vogliono essere informate in un modo, se non completo, almeno veritiero. Mi chiedo: e se per costoro la Verità venisse prima della Giustizia?

D. Quindi un’altra nave?
R. No, un sommergibile, ovvio, corsaro, un comandante tosto, una “sporca dozzina” (giornalisti a fine carriera, giovani virgulti, no tromboni). Silenzio, umiltà, lavoro, gestione dell’ansia, le doti tipiche dei sommergibilisti.

D. Tutto condivisibile, direi affascinante, ma i lettori?
R. Con il nuovo scenario si assisterà allo scontro fra tre strategie: “di mantenimento”, per il nuovo gruppo Repubblica; “difesa-attacco” per il nuovo Corriere; “corsara” per il terzo. Ciò comporterà una migrazione di lettori, forse un mixaggio radicale, come è avvenuto per la politica. Mi ricorda quel 1976 quando, dopo un parto travagliato ma entusiasmante, anche per un giovane lettore come me, bisognoso di novità, nacque Repubblica.

D. Come finirà?
R. Ovvio, nessuno lo sa, specie quando si adotta la strategia dello spariglio. Cairo l’ha fatto, il “terzo” ha una sola opzione, un ulteriore spariglio. Deve calare l’asso, stampare «1 €» in alto a destra della testata (e costruire il conto economico in coerenza a ciò, quindi con acconcio “bep”, punto di pareggio): avrà questo coraggio? Nell’intervista Cairo, senza valorizzarla, la considera pure lui un’ipotesi per il Corriere (seppur mascherata da promozione). Pagare oltre un terzo in meno del prezzo attuale per conoscere, non dico la verità assoluta, ma qualcosa che si avvicina molto a essa, è un valore.

D. Come reagiranno a questo doppio spariglio gli altri?
R. Volenti o nolenti, dovranno rifare tutti i conti economici e gli stati patrimoniali, rielaborare i budget, le attuali spending review salteranno, quindi dovranno essere rese più aggressive (aumenteranno morti e feriti), il piano strategico riposizionato, così i “bep”, eventuali nuove alleanze si imporranno. Grandi mutamenti di scenario e di strategie si paleseranno. Un problema c’è: noi dei media abbiamo parlato per anni, a volte pontificando, di ristrutturazioni, di riposizionamenti strategici, con grande lucidità e giusta aggressività, visto che riguardavano altri business e che altre persone pagavano prezzi alti. Ora il momento della verità è arrivato anche per noi. La stessa lucidità e trasparenza giornalistica si impone. Che dire? È il mercato, bellezza. Un caldo autunno ci aspetta. Così va il mondo, caro Riccardo.

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@editoreruggeri

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