I lavoratori svedesi felici di avere un chip sotto la pelle: siamo al Reich globalizzato

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Da cinque anni, con il giovane giornalista italiano Tommy Cappellini (nel frattempo invecchiato di cinque anni, però all’estero) stiamo «facendo flanella» (sembriamo due voyeur squattrinati in una casa di piacere anni ‘50) su un saggio che non quaglia. Sarà il nostro felliniano “Viaggio di G. Mastorna”? Resterà incompiuto? Importa? Non è forse un romanzo compiutissimo, l’incompiuta «Questione privata» di Fenoglio? Oso dire: le questioni importanti restano sempre al di qua della fine. Lo vogliono, lo pretendono, scalciano, è il loro modo d’esser vive, di fare resistenza alla morte, specie in periodi ove sei succube dell’oscenità del fattore tempo.

L’obiettivo del libro era semplice: rispondere a una sola domanda «Perché lor signori sanno tutto di noi e noi nulla di loro?». Subito pensammo a un saggio classico, creammo una documentazione imponente, una mappa, radunammo citazioni impagabili, una bibliografia da accademici. La soluzione del giallo era delineata, non la scoperta dell’assassino: quello era noto fin dal titolo. Un paio d’anni, e cambiammo idea: non più un saggio old fashioned, ma un doppio libro, bifronte, un lungo capitolo indolore dedicato ai lettori nati prima del 1984 (con tutti gli apparati al posto giusto), un secondo capitolo più «politico» e speranzoso per quelli nati dopo.

Poi un nuovo cambiamento, fare un pamphlet, agile, scanzonato, aggressivo, con il giovane che interroga il vecchio, una conversazione che dura una giornata, a Venezia. Perché Venezia? Per Tommy, di sensibilità austro-ungarica, immaginai fosse il terminale sud (il sogno) dell’Impero, per me, semplicemente, il luogo più «umano» che ci sia. Anche questa volta, ci siamo incagliati su una barena. Il dialogo tra noi due è diventato presto un’affettuosa resa dei conti generazionale: ne usciremo mai? È il bello dello scrivere a quattro mani, senza scadenze.

La nostra lentezza ci ha comunque già bruciato un capitolo, quello dei chip sottopelle imposti da lor signori per controllarci, fingendo di aiutarci. Infatti, ecco la notizia, ufficiale: «Il chip Rfid, impiantato sotto la pelle dei lavoratori della Epicenter (pool di aziende e di start up svedesi di information technology), funzionerà come un badge per permetter loro di vivere sereni: in automatico, timbrare il cartellino, aprire porte, azionare pc, fare la spesa avvicinando la mano a un lettore, etc.».

La vita te la dà una siringa: sotto pelle, fra il pollice e l’indice della mano, inietta un chicco di grano, il chip, la tua anima). Noi, sciocchi, pensavamo che le aziende prima, lo Stato poi, avrebbero costretto con il ricatto i malcapitati alla marchiatura d’imperio. La realtà si è fatta beffa di noi. Sono i dipendenti a pregare di essere marchiati, il chip è diventato in poco tempo così popolare che chi lo riceve vuole farne partecipi amici e conoscenti, dando un party per festeggiare il nuovo arrivato nel club dei marchiati.

Bisogna riconoscere che la scelta fatta anni fa dall’establishment svedese di concepire e di formare una tipologia di “cittadini liberti consumatori” è stata raggiunta. Il segnale debole lo colsi molti anni fa, studiando gli asili svedesi Egalia e Nicolaigarden “venduti” come luoghi anti discriminazione sessuale. L’idea: il neutro della lingua svedese permette di eliminare l’uso di «lei» e «lui» e pure i nomi di battesimo, sostituiti dal generico friend. Via le fiabe sessiste tipo Biancaneve, Cenerentola, sostituite da delicate storie omosessuali fra giraffe e zebre. A San Francisco i liberal con felpe andarono oltre, si fecero «inattivisti», cioè lottarono per vietare la circoncisione del «pene» dei bambini. Allora, non capii, peggio ironizzai, invece la formazione avuta da bambini ha dato i suoi frutti, da adulti l’essere marchiati dal chip Epicenter non è vissuta come un’imposizione ma come un’iniziazione, un privilegio: sono liberti felici.

Immagino la rabbia di Adolf laggiù all’inferno. Chissà se bofonchierà: “Se fossi nato non nel 1889 in Austria, ma un secolo dopo in Svezia o in California, avrei avuto a disposizione una tecnologia e un substrato cultural-istituzionale ottimale per passare alla storia come il leader del mondo nuovo 2.0, il millennio del Reich globalizzato.”

Riccardo Ruggeri

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