Il quartiere Rinkeby di Stoccolma sarà la futura Raqqa europea?

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Per gli amanti del prefisso “multi” sono giornate tristi, il castello di carte (consolatorie) che si erano costruiti sta crollando. Un tempo, i più colti di noi si erano lamentati del mondo bipolare (America-Urss), oggi che siamo “multi”, il disordine globale e la confusione locale regnano sovrane. Prendiamo un tema, la minaccia nucleare: per quelli della mia generazione rappresentò, in teoria un pericolo di guerra, nella realtà una sicurezza di pace. Non dimentichiamolo mai, settant’anno di pace ce l’hanno garantita le atomiche comuniste-liberali, non certo l’Europa che ha perseguito la pace ritirandosi, ruffianandosi, rinunciando, terrorizzata dai suoi nemici.

Siamo diventati “multipolari”, bene, e come ci ritroviamo? Con 18.000 testate nucleari in grado di polverizzare il pianeta senza più il controllo centralizzato delle due superpotenze; siamo nelle mani di stati canaglia, dalla Corea del Nord a Iran, a Pakistan, domani Qatar o Arabia Saudita o Turchia, perché no Isis?

Lo stesso è successo per il multiculturalismo, dove applicato è diventato l’atomica della politica; per osservare i disastri prodotti è sufficiente volare a Stoccolma. Fatelo. Un consiglio: visitate la Svezia (o la California) ma visitatela come fosse il polo museale del mondo che verrà. Noi siamo abituati a scoprire il passato visitando aree archeologiche, artistiche, culturali della nostra storia; per capire il futuro non basta, suggerisco andare, con “occhi onesti”, nelle città e nei paesi ove il futuro o è già arrivato o sta arrivando. Qui capirete come vivremo o come vivranno i nostri figli o nipoti. La Svezia, avanguardista, è ormai un secolo che persegue una certa politica (iniziò con lo slogan “Welfare garantito dalla culla alla tomba”, ora le culle sono vuote, l’eutanasia economica incombe) che l’ha portata, attraverso un percorso in discesa ad essere il museo a cielo aperto del degrado umano spacciato per civiltà.

In tre giorni si possono visitare le più significative 55 no-go areas (l’equivalente scandinavo delle banlieue francesi, le Zus, zoine urbaine sensible). Sono aree cittadine extraterritoriali dove le ambulanze, i pompieri, il postino (le tre libertà basiche per il popolo) possono accedere solo se scortati dalla polizia che, a sua volta, deve contrapporsi a continue guerriglie urbane a base di lancio di pietre, biglie, a volte colpi di pistola, per il solo fatto di palesarsi. Interessante studiare e analizzare il progressivo disfacimento del “governo della nazione” svedese (solito disperato tentativo di mettere insieme le destre e le sinistre storiche per governare a ogni costo) prima di passare il testimone o alla destra xenofoba o agli islamisti, entrambi in rapida crescita. 

Per la visita di questo museo del futuro, anziché farvi guidati dall’archeologo meglio avvalersi di un ufficiale delle teste di cuoio. Curioso esperimento quello svedese: quanti anni ci vorranno affinché il salafismo (modo elegante per indicare gang di criminali sunniti) passi da minaccia concreta a regime dominante, quando ognuno rimarrà nei propri quartieri e vivrà felice da zombie con il proprio reddito di cittadinanza e con gli occhi bassi sullo smartphone coranico?

In un rapporto del 2014 (“En nationell översikt av kriminella nätwerk med stor päverkan i lokalsamhället) il paese è stato mappato, vivisezionato: finita la lettura avrete la sensazione di un paese in completo dissolvimento. Non perdetevi il quartiere periferico di Stoccolma Rinkeby, 16.000 abitanti, appena 800 svedesi, gli altri 15.200 sono di 60 etnie diverse e 40 lingue. Ora la polizia l’ha ufficialmente abbandonato al suo destino. Primo atto: la posta non viene più consegnata, può essere ritirata dalle 7 alle 10 al di fuori dei suoi confini, cioè in Svezia. Vittoria dei muri sui ponti, con buona pace di Bergoglio.

Sarà la Raqqa svedese del Califfato? Non permettetevi neppure di pensarlo, qua chi critica viene aggredito dalla sharia liberal e impalato. Vogliono suicidarsi senza farlo sapere.

Che fare? L’unica è prendersi dieci giorni di vacanza e bighellonare per l’ultimo paese libero e liberale, visitando musei, gallerie d’arte, chiese, mangiando insaccati e bevendo vino, facendosi svegliare dall’orologio a cucù. Buona Pasqua.

Riccardo Ruggeri

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