Fine settimana troppo ricco di notizie: ne ho scelte tre.
1 Come grande ammiratore di Maurizio Molinari, dopo l’imbarazzante direzione precedente, ha ridato dignità a La Stampa, mi pare una scivolata lo scoop (?) sulla presunta influenza filo russa sulle elezioni del 4 marzo. I quattro account incriminati hanno un numero di follower imbarazzante, vediamoli: @DoctorWho (302), @FrancoSuSa (248), @CorryLoddo (563), @lucamedico (230). Sono stati presentati come quattro sommergibili nucleari filo Putin nascosti nell’oceano del Web per attaccare l’Italia. Possibile? Prove? Boh. Per esempio hanno la metà dei follower che seguono un vecchio e noioso signore come me. Mi sembra tutto incredibile, così come è curioso che il capo dei 13 russi messi sotto accusa dal super procuratore Mueller dopo un anno di indagini, sia un addetto alle cucine del Cremlino: cuoco o chef? Imbarazzante.
2 Nell’aula magna di una università pontificia nel centro di Roma si è dato il via alla contro purga della purga praticata pochi giorni fa da Matteo Renzi nella composizione delle liste nei collegi cosiddetti certi. Tre i mattatori. Francesco Rutelli ha definito il perimetro della purga “Non vogliamo l’orgia dei nominati e dei fedeli”. Carlo Calenda (nello twittare sembra Trump) non si è risparmiato nel demolire il segretario nel ducetto di Rignano, insieme con Rutelli hanno incoronato Paolo Gentiloni con un antirenziano: “Paolo ignora l’arroganza del potere”. Poi parole mielose per Padoan, Bonino, Minniti e altre cattiverie sull’ex premier. Siamo nella discontinuità più radicale rispetto alla mitica “retorica del successo” di renziana memoria. Ilare Gentiloni appena tornato da Berlino con in saccoccia le “lettere di corsa” ricevute da Angela Merkel. Si sarà mica montato la testa? Lo saprà che un corsaro mai sarà uno statista? Renzi era stato volgare con Letta, ma almeno non si era mai arruffianato con lui. Questi sono molto peggio, per cui ogni giorno che passa Renzi mi diventa più simpatico. Che tristezza.
3 E’ incominciata la demolizione delle felpe californiane (sic!). L’ultimo arrivato è addirittura il sempre citato George Soros, quello della “Società aperta”. Persino Wired, la Bibbia di Silicon Valley, ha messo in copertina un incerottato Mark Zuckenberg, sintesi di tutti gli altri compari, da Bezos a Cook etc. etc. Le accuse, impensabili solo un anno fa, sono feroci: “Perseguono un potere monopolistico a danno dei consumatori e dei piccoli concorrenti”, “Non solo non fanno più innovazione, ma la soffocano”. Li paragonano ai petrolieri “Succhiano risorse naturali”, ai signori della droga “Sfruttano una dipendenza patologica dai social nei loro utenti, specie giovani”. Li considerano persino “Amici di Putin” (il massimo). Sono sconvolto, a tanto non c’ero arrivato neppure io, pur criticandoli e disprezzandoli da dieci anni. Manca solo che le grandi multinazionali (convenzionali) dirottino i loro investimenti pubblicitari su altri mezzi (Unilever, azienda giudicata etica per definizione, pare stia cominciando a pensarci. La realtà è quella: senza pubblicità si sgonfierebbero.
Per me l’aspetto più divertente sono i neo anti felpe dell’ultima ora (non sapevo esistessero). Questi definiscono ora i favorevoli alle felpe (ero certo che tutte le élite di ogni organo e grado lo fossero): “Babbei del feticismo tecnologico”, “Adoratori acritici dei padroni del Web”, “Modernisti subalterni”. Imbarazzante.
Il più sfigato, è rimasto con il cerino acceso, è stato un prufesur americano, Thomas Nichols. Ha appena scritto un libro (in italiano La conoscenza e i suoi nemici, un manifesto sulla rivoluzione dei competenti). Si è messo alla testa della ribellione dei colti contro il cittadino medio che “Nulla sa ma pretende di spiegare tutto agli esperti”. Anche le felpe californiane si ritenevano il top della competenza, stiamo vedendo come sta finendo. Che tristezza.
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