E’ bello osservare il mondo dal mio solitario rifugio svizzero, assistere a talk show europei ove tutti sono contro Donald Trump. A Losanna, il capitano Olivier Hanggeli, ecologista lacustre, vieta ai turisti americani di salire sul suo battello se, a domanda, rispondono di aver votato per Trump. Oggi 190 paesi del globo, i loro presidenti e relativi media, un Papa, l’Onu, i Lord inglesi, gli uomini più ricchi del mondo (Soros e Bloomberg in testa), tutti i Nobel, gli attori di Hollywood, i Ceo più potenti, hanno individuato il loro nemico numero 1 in Trump. Mai nella storia del mondo era avvenuto qualcosa di simile. Neppure Adolf Hitler, temuto e odiato da tutti, ma non dai suoi amati tedeschi, fedeli a lui fino alla fine. Per non parlare del criminale Mao, nessuno ha mai tentato di affogarlo nel Fiume giallo. Trump sarà sgradevole ma criminale non lo è, anzi è meglio di molti dei 190 suoi colleghi. Quale tasto psicologico ha toccato Trump per scatenare questa insurrezione mediatico-morale degli establishment mondiali, dicendo no a un pezzo di carta dove gli obiettivi erano volontari?
Negli anni ’60 il Club di Roma (i più grandi scienziati dell’epoca) mi avevano terrorizzato, prevedevano che, causa la “selvaggia” industrializzazione, il clima aveva cambiato segno ed era prossima una fase di glaciazione (dicevano che da Mestre a Venezia si sarebbe andati solo con le slitte: non scherzo). Vent’anni dopo i figli degli scienziati di allora, pure loro scienziati, dissero che, sempre per colpa del nostro stile di vita, il mondo stava precipitando nel riscaldamento globale. Da trent’anni costoro si sono auto nominati sacerdoti, la loro ideologia si è fatta setta, confondono i concetti di “riscaldamento” e di “inquinamento”, mettono ai margini gli scienziati non allineati, mandano continuamente in onda le solite riprese (estive) del ghiacciaio Perito Moreno che si sbriciola (essendoci andato anche nella stagione invernale vi assicuro che poi si ripristina).
Il segnale debole però c’è: il mitico “Mercato”, quello che domina la nostra epoca, perché premia Trump? Tento una spiegazione. Primo. Conosce la differenza fra “inquinamento” (pericolo) e “riscaldamento” (teoria non dimostrata). Secondo. E’ convinto che l’autosufficienza energetica americana grazie allo shale gas renderà il paese tra i più “puliti”.
Sul rispetto delle promesse elettorali, Trump si gioca il suo futuro, è un rischio molto alto il suo. Allora faccio una domanda secca al mio amico Angelo Codevilla, celebre politologo americano: ce la farà?
Caro Riccardo, fin troppo facile spiegare come Trump stia diventando l’untore di tutti gli untori. L’establishment elitario euro-americano in mezzo secolo si è omogeneizzato. Questi benpensanti non vogliono prendere atto che il popolo degli Stati Uniti ha eletto un individuo con la quale, di certo, va d’accordo su una cosa: sconfessare tutti loro, e di loro respingere tutto: valori, idee, stile di vita. La gran parte di costoro finge di prendersela con Trump, e non con il gli americani che l’hanno votato. Così i bonzi di Wall Street, sanno che Trump fa parte della loro tribù, sanno che per loro auspica solo agevolazioni. Il mondo del big business, ha capito che di veri cambiamenti ce ne saranno pochi, perché né Trump né la maggioranza dei Repubblicani al Congresso ha voglia d’ intaccare i privilegi dell’establishment democratico che sono poi anche i loro.
Mi chiedi se Trump “ce la farà.” Altra cosa. Trump si sta autodistruggendo politicamente proprio perché declina in modo errato gli impegni elettorali presi. Esempio, la cosiddetta uscita dal Trattato di Parigi. L’aveva promessa durante la campagna. In verità, Obama l’aveva firmato ma sapeva che il Senato mai l’avrebbe approvato. Un bluff il suo. Trump nulla doveva fare, al massimo inviarlo al Senato con il suo parere: l’avrebbe bocciato, comunque.
Invece con atteggiamenti scomposti tenta di tener salda la sua base elettorale mentre la svuota, sperando, sotto sotto, di trovare un accordo con la classe dominante. Pensa di essere furbo come Bill Clinton, che chiamava “triangulation” questa strategia. La sua somiglia più alla furbizia che tolse a Richard Nixon gli amici, rafforzandone i nemici.