Interessanti ma noiosi i due scontri fra duri e puri: Matteo Renzi vs Marco Travaglio, poi contro Gustavo Zagrebelsky. L’uno, dall’alto della sua dottrina si è atteggiato a politico, l’altro, da studente pierino ha cercato di smerluzzare il vecchio professore. Sono grato a Renzi di avermi fatto conoscere il vero Zagrebelsky, e a Zagrebelsky di avermi fatto conoscere il vero Renzi, rancoroso l’uno, terrorizzato di diventare un’anatra zoppa l’altro. Si percepiva un reciproco terrore folle di contaminarsi, mi ricordavano i “vegan sexual”, quelli che non fanno sesso con gli onnivori per timore di sporcarsi il corpo, e pure l’anima.
Vivo questi scontri tv, non da giornalista, ma da cittadino comune che non ha ancora deciso, come il 60% degli italiani, se votare “sì”, “no”, astenersi. Così, anche dopo questo faccia a faccia. La legge è una maglia bernarda, quelli che voteranno “sì” lo faranno per altri motivi, quelli del “no” perché vedono in Renzi l’uomo nero (lo dichiara il 38% dei “no”). Questo referendum lo presi sottogamba, sbagliai. Matteo Renzi ha scelto, visto che era andato al potere senza passare dal voto popolare, ma per una congiura più di condominio che di palazzo, di giocarsi tutto su un tema che pensava vincente (per lui). Mi limito a raccontare quale è stato il mio processo decisionale, senza però dichiarare come voterò. Appartengo al vecchio mondo liberale, ove il voto è segreto per definizione, a maggior ragione se hai un ruolo pubblico, come il mio. In questi dibattiti le posizioni del “sì” sono rappresentate addirittura dal Premier (Chapeau!), mentre quelle del “no” da grandi personaggi della società civile.
Eccessivo, quindi volgare, l’intercalare di uno “la rispetto professore” e dell’altro “signor presidente del Consiglio”, meta comunicazione pura, carica di disprezzo mascherato verso l’altro. Un brutto spettacolo. Ho preferito rifugiarmi su altri strumenti conoscitivi. Per esempio scoprire, grazie al grado di animosità reciproca, il tasso di sincerità sotto stress di entrambi. Le rivisitazioni di certe puntate di “Lie to Me” e di “Mentalist” mi sono state utili, così uno studio (La verità sull’inganno) dello psicologo Nicola Palena. Assumo, in questa analisi, che la menzogna in politica equivalga a fornire false informazioni agli elettori per procurarsi il beneficio del voto, e ciò sia politicamente ammissibile, se dichiarato. Certo, anche Zagrebelsky è sceso sullo stesso terreno di Renzi, e ciò mi ha stupito. Un tempo credevo che i bugiardi, quando mentono, mutassero il proprio aplomb fisico, gli sguardi si facessero obliqui, ma gli ultimi studi pare lo escludano. Mi sono allora concentrato, come insegna la dottrina, sui famosi cinque indizi:
1 diminuzione dei movimenti “fini” di mani e dita, quei movimenti che avvengono senza spostamento delle braccia;
2 tono più acuto della voce;
3 tempo di latenza delle risposte;
4 pause, quelle del bugiardo sono più lunghe;
5 povertà di dettagli, chi mente inserisce meno dettagli temporali, spaziali, percettivi, nel proprio racconto.
Gli scienziati ci dicono che se vogliamo diventare esploratori dell’inganno (il sogno di una vita), non possiamo trascurare due aspetti chiave: a) un indicatore di inganno è sempre legato all’aumentato carico cognitivo (indizi 1,3,4), a una maggior tensione emotiva (2), ai processi di memoria (5), non alla menzogna in sé: b) persone diverse possono mostrare indizi differenti, e pure indici di menzogna diversi, a seconda del contesto. Aggiungerei il linguaggio del corpo, Renzi è stato strepitoso, è come si fosse denudato di fronte a noi, aggredito dalla stanchezza e dallo stress, le difese lo hanno abbandonato, è diventato se stesso.
Assicuro i lettori che è divertente cercare di capire qual è il grado di menzogna del personaggio sotto analisi, quindi compararlo con il mestiere che svolge. Quello del politico si presta a valutazioni molto differenti, per questo non esprimo le mie valutazioni, sarebbe inaccettabile propaganda politica. La vera notizia della settimana è stata però un’altra, l’intervista di Carlo De Benedetti, l’azionista di entrambi. Ne parlerò domani, ora l’importante è stare sereni, continuiamo a scavare nella personalità del Premier, il 4 dicembre è lontano.