Il popolo si è espresso: vuole un governo fra Lega e Cinque Stelle?

Sono usciti tutti i numeri, sono stati assegnati tutti i seggi, le elezioni sono finite. Nel 1948 il verdetto elettorale era stato chiaro: sì Alcide De Gasperi, no Palmiro Togliatti. Altrettanto chiaro il verdetto 2018: per il Nord sì Matteo Salvini, per il Sud sì a Luigi Di Maio, pollice verso a Matteo Renzi, non pervenuti Emma Bonino e Pietro Grasso (due flop imbarazzanti).

Con questi numeri il popolo italiano vuole imporre a Salvini e a Di Maio di riunire il Paese? E se sì come? Con un governo di grosse koalition fra di loro, stante che non vi sono altre alternative credibili. Il solito giochino tipicamente nostrano di praticare il mercato delle vacche, “comprando” parlamentari questa volta non può funzionare, stante il numero eccessivo richiesto per arrivare al minimo sindacale. Immagino poi che gli stessi Di Maio e Salvini non dovrebbero avere nessun interesse a fare un governo da soli, sapendo di avere l’altro all’opposizione: mi parrebbe un suicidio annunciato per l’elezione successiva.

Se questa analisi fosse corretta anche il Presidente Mattarella sarebbe in un cul de sac, cioè non avrebbe margini di mediazione, avrebbe a disposizione una sola opzione, quella. Certo, ci sarebbe il Pd che potrebbe sparigliare i giochi, appoggiando l’uno o l’altro. In realtà, potrebbe appoggiarne uno solo, il M5S, al quale lo uniscono delle indubbie affinità genetiche ed elettive, presenti fin dalla costituzione del movimento da parte dei due fondatori.

La mossa del cavallo, mascherata da mossa del caminetto, di Matteo Renzi ha bruciato questa opzione, rendendo furibondi i suoi avversari interni, la parte dell’establishment pronto a qualsiasi compromesso pur di stare al potere, ed anche lo stesso Presidente Mattarella (I presume). Personalmente ritengo che la volontà popolare si sia espressa, senza ombre di dubbio, per un governo di salute pubblica fra i due soli vincitori. E’ in questo senso che vedo la mossa spiazzante delle dimissioni a futura memoria di Matteo Renzi come quella di un “patriota”, che suo malgrado, e forse a sua insaputa, fa gli interessi dal Paese. E’ questa un’occasione imperdibile che i cittadini italiani hanno voluto regalare-imporre a noi élite, con un voto popolare di assoluta chiarezza: tornare a “Italia First”, abbandonando lo sciagurato modello politico-culturale-economico impostoci (Ceo capitalism).

Un ricordo giovanile, anni Sessanta. Avevo, in Garfagnana, un giovane cugino sedicenne, fisico e profilo da medaglia simil Fausto Coppi, vinceva tutte le gare ciclistiche alle quali partecipava, due anni di successi poi, d’improvviso, solo ritiri, cadute, cocenti sconfitte. Mio zio, suo padre, sintetizzò da garfagnino di poche parole, l’analisi-sentenza: “l’odore della topa l’ha perso, come ciclista”.

Sarà la stessa sindrome di Matteo Renzi? Il profumo della topa, pardon del potere, l’avrà perso? Mai sarà una riserva della Repubblica? E’ giovane, è pieno di vita, è giusto che si giochi la sua partita, il Pd è tecnicamente morto, lui gli ha dato l’ultimo colpo, pace all’anima sua. La maledizione di Mani Pulite si è finalmente chiusa. Era ora. Addio, per ora, caro Matteo.

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