Lo confesso, mai avrei creduto che le élite dem sarebbero arrivate a giustificare l’abbattimento della statua di Cristoforo Colombo. Né avrei creduto che avrebbero cavalcato l’assassinio di George Floyd in termini elettorali. Non in Italia, ma in America tutti sanno che la responsabilità “politica” dell’assassinio di Floyd è, a salire, del Capo della Polizia, del Sindaco di Minneapolis, del Governatore del Minnesota, tutti dem. Di più, il Sindaco ha un curriculum impeccabile (liberal della sinistra radicale), il capo della polizia è nero. Anziché piangere ai funerali, avrebbero dovuto dimettersi, tutti. Come ovvio, con Barack Obama presidente questo caso stato sarebbe derubricato a infortunio di un singolo.
Chi non conosce l’America, peggio non ci è vissuto, non ci ha lavorato, non può capire cos’è il razzismo della Ruling class (Angelo Codevilla, Classe dominante, Grantorino Libri 2011). Pur essendo un CEO, bianco e dinoccolato, di postura simil anglosassone, il razzismo della Ruling class l’ho subito anch’io, eccome.
Noi associamo il razzismo al colore della pelle, in America no, è riferito allo status economico, è un sottoprodotto dell’ideologia calvinista. La settimana scorsa, su Zafferano.news (l’abbonamento è gratuito), Giovanni Maddalena parlando del razzismo americano, ha chiosato il messaggio inviato da Mark Zuckerberg alla Comunità nera. “Sono con voi. Le vostre vite contano. Le vite nere contano”. Ecco il concetto profondo di razzismo nella società liberal americana. E’ chiaro l’attacco “ci sono io e ci siete voi, società nera, e vi confermo che a me, uomo aperto, interessano le vostre vite, collettivamente intese”. Parola chiave: collettivamente.
Messa così siamo all’interno delle ideologie (classi, gruppi, insiemi, sottosistemi). Il razzismo è ragionare in termini di colori, di forme, non di persone. Questa è la “furbata” dei liberal americani, atteggiarsi ad antirazzisti in termini generali, rimanere razzisti nel execution. Come George Washington che al Congresso si batteva contro la schiavitù ma nella sua tenuta aveva 316 schiavi di proprietà, 153 della moglie e 40 in outsourcing. Presto, per coerenza, toccherà alla sua statua equestre essere abbattuta?
Questo giochino razzista delle élite l’avevo capito quando ero un giovane operaio Fiat. I capi bastone del Partito Comunista, salvo Giuseppe Di Vittorio, erano tutti intellettuali alto borghesi (Antonio Gramsci, Palmiro Togliatti e giù giù fino a Enrico Berlinguer), come i Wasp americani. Certo, a parole si battevano per la classe operaia, ma con l’operaio singolo erano a disagio, non sopportavano il nostro afrore, un misto di trucioli e di olii esausti. Oggi, l’afrore dei “non attivi” (la nuova classe operaia) è stato sostituito dal “sudore” (copyright del ex magistrato comunista Gianrico Carofiglio).
Siamo precipitati in quella terra di brughiera dove democrazia, razzismo colto, fascism (senza la “o” mi raccomando) si intersecano. Sono terrorizzato che i miei nipoti, allevati liberi, abbiano un futuro di brughiera.