Su lavoro e immigrati si giocheranno le elezioni politiche: chi fa la mossa giusta sbanca

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Chissà se i nostri governanti hanno capito ciò che è avvenuto nelle ultime settimane: la maggioranza (per ora silenziosa) degli italiani ha finalmente compreso che i “migranti” sono in realtà degli immigrati illegali, il summit di Trieste l’ha confermato. Le parole del loro mito Angela Merkel “Italia fantastica nell’accoglienza ai migranti” è stato percepito come il massimo della volgarità politica, una presa per i fondelli. Almeno Emmanuel Macron è stato sincero, dicendoci come finirà: il 90% di quelli arrivati rimarrà in Italia, i veri rifugiati, meno del 10%, verranno ridistribuiti, forse. Paolo Gentiloni e Marco Minniti devono smetterla di giocare con le parole e dire con sincerità cosa intendono fare, senza confondere sogni e obiettivi alti con la dura realtà: i cosiddetti migranti economici sono immigrati illegali o da respingere o da tenere per sempre. Tertium non datur. Sul tema immigrazione il presupposto è chiaro e il dilemma che ne consegue è secco: 1. Gli immigrati non devono morire in mare. 2. Quindi, o si vanno a prendere in Libia portandoli in Italia con i traghetti della Tirrenia, o si fa il blocco navale sulle coste libiche. O l’uno o l’altro, tutto il resto: Bruxelles, Dublino, Onu, Ong, monsignor Galantino, George Soros, sono o losco business o seghe mentali. Lo scrissi tre anni fa, fui sbeffeggiato. Ci riprovo.

Intanto, vadano a farsi un giro nella Grecia 2017 (così vedranno come sarà, andando avanti così, l’Italia del 2022), interroghino la generazione cresciuta dopo la crisi; è un paese spossato, irriconoscibile, con percentuali criminali di disoccupati, oppure occupati senza retribuzione, qua i più fortunati sono i precari (sic!). I giovani sono apatici, indifferenti verso le istituzioni, verso la politica, verso la società civile. Quando dichiarano che hanno fiducia solo nella famiglia e negli amici significa che sociologicamente siamo tornati, malgrado l’iPhone d’ordinanza, ai secoli bui.

La celebre metafora della civetta di Friedrich Hegel coglie la situazione nella quale è precipitato il nostro establishment: la civetta spicca il volo solo al tramonto, quando le azioni umane si sono già compiute, così è condannata ad arrivare sempre a cose fatte. Quando la smetteranno di nascondere la loro vacuità intellettuale e decisionale dietro a locuzioni ridicole come: a) “Siamo nel mezzo di una migrazione epocale inarrestabile”. E’ falso, due “leader canaglia”, Merkel-Erdogan, ci hanno messo poche settimane a bloccare il corridoio balcanico, i veri rifugiati (siriani) sono rimasti nei campi di concentramento turco-tedeschi, gli altri sono tornati indietro); b) “Abbattiamo muri e facciamo ponti” (i 26 paesi europei all’unanimità hanno subito chiuso i loro porti ai migranti provenienti dall’Italia, tiè), mentre Donald Trump, con la sola minaccia di completare il muro con il Messico ha ridotto drasticamente l’immigrazione sudamericana. Forse siamo alla frutta del ceo capitalism, il tasso dell’egoismo difensivo dei singoli farà presto aggio su tutto.

Mancano pochi mesi alle elezioni e sono molto curioso di come i nostri leader politici imposteranno la campagna elettorale. Per me le parole chiave, riferite al ruolo dell’Italia, sono: “sala d’attesa” e “discarica”. O l’establishment e la sinistra rendono credibile la prima, o vincerà una maggioranza silenziosa apartitica che, non accettando di essere discarica dell’Europa, spazzerà via tutto e tutti. L’Italia è un paese di individualisti, che sta diventando povero causa globalizzazione ed Europa e ora è spaventato a morte dagli immigrati (saranno pure percezioni sbagliate ma queste sono). Chi si limita, con la bocca a culo di gallina, a brandire come una clava il termine populista, a sua insaputa, ha scelto di suicidarsi. Io non ci sto.
www.riccardoruggeri.eu

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