Renzi in Silicon Valley per incontrare 150 start up, qua i suoi si scannano sul nulla

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La grande saga del Pd si è chiusa, Matteo Renzi era già volato in California per incontrare 150 start up (?), quando gli ultimi giapponesi piddini, dopo essersi scannati sul nulla, si sono presentati in direzione per dare il via a un processo che durerà due mesi (potrebbe durare due ore) per incoronarlo segretario, e automaticamente candidato premier. Nel frattempo, sotto le finestre del Nazareno, i tassisti urlavano “venduta” a Linda Lanzillotta (chissà perché costei alle 4 di notte va al Senato per fare approvare una norma che favorisce la multinazionale Uber, “noto evasore fiscale totale” (copyright di Francesco Boccia del Pd), a scapito di sfigati tassisti (che le tasse almeno le pagano). Dopo qualche ora sono arrivati anche gli ambulanti, che protestavano contro la direttiva Bolkestein. Possibile che nessuno spieghi ai tassisti e agli ambulanti che le corporazioni non sono più ammesse (l’ultima risale al 1378, detta dei Ciompi), i tumulti sono regolamentati, oggi le corporazioni si chiamano lobby, prendano esempio da Uber, Facebook, Google.Lo scenario è chiaro, tutti sono contro tutti: gli ambulanti contro l’Europa, i tassisti contro la globalizzazione, le multinazionali contro le tasse, la minoranza Pd contro Renzi, il Governo contro l’Europa, l’Europa contro Putin e contro Trump. Persino in America si odiano: da oltre un mese le élite protestano contro Trump, perché ha vinto con i voti degli operai, dei contadini, della classe media (e, orrore, pare fossero pure tutti bianchi), da noi gli sfigati delle periferie odiano i fighetti dei Quadrilateri. Non pare essere un gran momento quello che stiamo vivendo.

E Renzi che fa? Vola in California. Perché? Forse ne studierà una delle sue, partendo dalle start up. Nel frattempo questi della minoranza, rimasti in Italia, si dividono, penso per colpire insieme, perché ormai è chiaro: tutti, minoranza e maggioranza del Pd (salvo i renziani) considerano chiuso il suo ciclo, ma non sanno come dirglielo.

Immagino abbiano una strategia: una parte se ne è andata sbattendo la porta, una parte resta fingendo di sottomettersi (Cuperlo), oppure sfidandolo (Emiliano), in realtà lavorando in modo sotterraneo per disarcionarlo, se, dopo le Regionali e il Referendum, dovesse perdere pure le Amministrative. Questi suoi avversari, non mi sembrano degli sprovveduti, oltre tutto sanno usare i media meglio di lui. Renzi pensava che anticipando il congresso avrebbe evitato il logoramento, si accorgerà presto che le sue capacità di manovra si ridurranno via via che passeranno le settimane. Il colpo finale glielo daranno dopo le Amministrative, qualora le perdesse: Andrea Orlando sarebbe pronto a sostituirlo alla segreteria, la minoranza rientrerebbe, l’oracolo Prodi si pronuncerebbe, Veltroni farebbe di nuovo commuovere tutti. Il grande sogno del partito della Nazione evaporerebbe in una nuvola di cipria, Dario Franceschini avrebbe tutte le caratteristiche per essere il candidato premier dei moderati ai tempi del ritorno al consociativismo (dagli scavi di Pompei a Palazzo Chigi). A questo punto, Renzi si dovrebbe porre la domanda leninista: Che fare? Lo stesso per l’establishment: Ci conviene puntare ancora su di lui?

C’è una canzone, celeberrima, di Sleigh Bells “Comeback Kid” (mi dice un amico americano che questo soprannome fu dato a Bill Clinton negli anni ‘90 e, prima di lui, al giocatore di baseball Joe Montana) che ha un refrain adatto pure al nuovo Renzi: “Lo so che ci hai provato duramente, ma non puoi sempre vincere/devi provarci un po’ di più, tu sei il bambino che torna/Sei andato via ma, tornerai un giorno/Sei andato via, ma tornerai un giorno”.

Il giorno dopo le elezioni politiche (febbraio 2018), comunque vadano, non ci sarà più spazio per leader troppo connotati, tipo Renzi, Salvini, Grillo, emergeranno uomini della mediazione, del compromesso, dei caminetti, delle alleanze. In fondo, a noi italiani i leader cosiddetti forti non piacciono, ormai li conosciamo, appena arrivano al potere si trasformano in bulli e, quel che è più grave, non accettano di andarsene in silenzio, come Enrico Letta, vogliono avere continue rivincite. Troppo faticosi.

Riccardo Ruggeri

 

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