CARO DOTTOR PALAMARA, SI RIGUARDI

Caro dottor Palamara, avevo intenzione di telefonarLe, ma ho scoperto che l’amico Mattia Feltri aveva già avuto la stessa idea. E ha scritto il solito impeccabile Buongiorno. A questo punto, Le scrivo per darle la mia solidarietà, da cittadino a cittadino, e lo faccio con un Cameo, il mezzo più trasparente che ho a disposizione.

Il Cameo è per me quello che per voi magistrati è la sentenza, l’unico modo ammesso per parlare.

Non trovo giusto invece che Lei venga giudicato dall’opinione pubblica attraverso le Sue conversazioni private, e così tutti quelli che hanno parlato con Lei. Trent’anni fa abbiamo cominciato con Silvio Berlusconi a uscire dalla legalità “effettiva” (ricordiamo tutti l’imbarazzante “mossa napoletana” della Procura di Milano), e ora siamo arrivati a un pezzo da 90 come Lei. Così non va bene.

Amici Procuratori, amici avvocati e amici giornalisti (ebbene sì, ho amici cari in queste tre categorie) mi hanno spiegato che, in teoria, ho ragione, ma il problema è irresolubile. Vero. Infatti, da vecchio uomo di mondo ho sposato l’adagio “Nessun sistema è incorruttibile se non lo sono gli uomini”. Avendo conosciuto quella tipologia di uomini, se non vogliamo raccontarci bugie, dobbiamo accettare il  principio del meno peggio. Per me, il meno peggio lo è la Corte Suprema americana dove i giudici sono, certamente molto perbene, molto professionali, ma in modo palese sono legati o ai dem o ai rep (quindi intellettualmente corruttibili). Non mi piacciono le finzioni di tutte le altre Corti occidentali, compresa la nostra Consulta. Ognuno di noi è figlio della sua storia, del suo curriculum, delle sue ideologie, della sua classe sociale delle sue umane debolezze, e, ahimè, delle sue simpatie e antipatie. Inutile fingere, il mondo funziona così, da sempre. Al primo, forse unico, “incorruttibile” della storia moderna i suoi compari illuministi hanno tagliato la testa.

Da anni propongo una soluzione disperata: tutti intercettati, nessun intercettato. Sappiamo tutti di essere in vario modo intercettati, controllati, spiati, e al contempo tutti fingiamo di non sapere che la cosiddetta privacy è una colossale presa in giro.

La mia proposta era (è) radicale: visto che è impossibile fare diversamente, si intercetti tutti, dal Presidente della Repubblica al giovane pastore del Medio Campidano, magistrati compresi, e le registrazioni siano nell’esclusiva disponibilità di una sola Autorità, eletta dagli italiani. Ovviamente costui, super intercettato, fornirà i dati alla Magistratura per le loro indagini giudiziarie, ma pure agli avvocati per difendere l’imputato in ogni modo. Sapendo di avere un tutor tecnologico personalizzato, e sapendo che lo hanno tutti, saremmo tutti sullo stesso piano davanti alla legge. Questa l’idea. Cinica? Romantica?

Prendiamo il Suo caso, oggi Lei deve subire le conseguenze delle intercettazioni che La riguardano, ma potrebbe difendersi meglio se fosse in possesso delle intercettazioni intercorse, per esempio, fra il magistrato X, il politico Y, il Presidente Z. Finirebbe così la sconcezza attuale dei capri espiatori (Lei lo sarà) e la giustizia raggiungerebbe anche i piani più rarefatti del Palazzo (per intenderci quelli de “io non ci sto”). Diminuirebbe la privacy (per gli esenti) ma la democrazia si irrobustirebbe.

Il grande fisico e Nobel Richard Feynman, scrisse “Il mondo è un’accozzaglia dinamica di cose tremolanti”. Lo è la natura, figuriamoci noi umani. Tremolanti sono tutte le categorie della nostra società, perché non dovrebbe esserla quella dei magistrati? Per cinquant’anni ho bazzicato nelle stanze dei bottoni  del mondo delle multinazionali e la fauna è sostanzialmente la stessa, in ogni Paese. Al vertice di qualsiasi organizzazione umana, dalla più microscopica alla più grande e prestigiosa, persino le Chiese, c’è un umano che a quel posto è arrivato secondo un certo percorso, spesso accumulando “debiti” che via via dovrà restituire al sistema.

Sa quando ho capito che il Suo destino era segnato? Da studioso di segnali deboli, quando i media di regime hanno cominciato a usare una sua fotografia di grande impatto visivo, barba e ghigno facevano pensare a lei non come a un magistrato ma come a un infame, nell’accezione usata nei salotti, sia radical chic sia delle Mafie. Lei era rappresentato come una “cosa tremolante”, un’immagine da sentenza mediatica già passata in giudicato.

Forse Le sarà sfuggito, ovvio, Lei non è un mio follower, ma una settimana fa ho scritto questo tweet: “Se ne avessi il potere farei triplicare la scorta al dottor Palamara”. Si riguardi caro dottore, e buona fortuna.

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