Tanto tuonò che neppure piovve: la Web tax

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Confesso che mi sfugge il perché di questa legge, non solo oggettivamente inutile, ma addirittura negativa sia per le aziende, sia per lo Stato. So benissimo che i parlamentari che l’hanno presentata e votata sono in assoluta buona fede, ciò non toglie che un tale argomento non posso essere trattato con tali e tante semplificazioni, non tanto di contenuti, quanto di prospettiva.

Da una parte è criticata, proprio dai sostenitori del ceo capitalism e delle Big Five che la ridicolizzano, perché non tassa i colossi del Web ma le transazioni. Hanno ragione. Se l’analizzi secondo l’ideologia che sta alla base del ceo capitalism che mette al centro del mondo, sempre e comunque, il consumatore e non l’uomo, in effetti è una fesseria. Impeccabile in questo senso il pezzo sul Sole24Ore di Franco Debenedetti (“Così diventa un errore ideologico”), che si pone tutti i possibili “perché” il Governo abbia detto sì all’emendamento, che poi smonta uno a uno. Secondo lui alla base del provvedimento ci sono un presupposto e un pregiudizio. Il presupposto è che il paese sia una sorta di bacino e la sua economia una specie di giacimento. Vero. Il pregiudizio è che le Big Tech non paghino le tasse, definita da Debenedetti “un’autentica fake news”. Ha ragione, essendo chiaro che per i profitti realizzati in Europa c’è un contenzioso tra Commissione e Governi (Irlanda e Lussemburgo) e che quelli fatti nel mondo sono in sospensione d’imposta, grazie a una disciplina fiscale che gli americani per primi criticano, ma su cui non si accordano per modificarla. Stante questi presupposti: ha ragione, è una fake news. Qualche giorno dopo ci è tornato, con la medesima competenza, per rafforzare le tesi a lui care.

Se però non si accetta (per quel che vale, nulla, io sono tra questi) che al centro del mondo ci sia il “consumatore” (come avviene nel ceo capitalism, generoso produttore di povertà) ma “l’uomo” (come avveniva nel capitalismo classico) allora il discorso è tutt’altro. Trovo però inidoneo il comportamento degli amici che si considerano, come me, in guerra con le Big Five ma poi all’atto pratico adottano modalità come questa Web Tax. E poi per cosa? Per incassare qualche decina di milioni, e neppure da lor signori, ma da chi si avvale delle transazioni, danneggiando così il business? Stiamo implicitamente legalizzando il loro comportamento, in cambio di una mancia, mentre l’obiettivo sarebbe far saltare questo modello di società, suicida per l’Occidente.

Infatti un ceo capitalism compiuto oggi è presente solo in Cina. Mi chiedo: i nostri intellò avranno capito che il ceo capitalism può imporsi solo con il monopolio della produzione e della logistica guidati da piattaforme digitali di sistema e con al vertice della piramide del potere statale un autocrate, espressione non del popolo ma del Partito Unico? Leggiamoci le conclusioni del XIX Congresso del PCC e finalmente capiremo.

Però, si lasci fuori la tecnologia digitale, la tecnologia è il futuro, nostro e dei nostri nipoti. E allora che fare? Semplicemente copiare il Presidente degli Stati Uniti di inizio Novecento, Theodore Roosevelt, che con una idonea legge anti monopoli, ricreò la concorrenza che i bisnonni delle felpe californiane (Rockefeller, JP Morgan, etc. con panciotto e sigaro d’ordinanza) avevano eluso. Come? Sciolse le loro aziende che, ricomponendosi secondo le leggi di mercato, si aprirono alla concorrenza. E lor signori? Monetizzarono, divennero mostruosamente ricchi, ma furono messi in pausa pranzo per sempre. Molti scelsero di diventare filantropi. E bene fecero. Dobbiamo fornire questa opportunità a Bezos, a Zuckerberg e compari, accompagnandoli educatamente nei paradisi caraibici ove tengono i quattrini elusi, talmente tanti che solo una filantropia selvaggia può aiutarli a tornare umani.

www.riccardoruggeri.eu

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