UN PRANZO DI NATALE BENEDETTO DALLA CABINA DI REGIA

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Con effetto immediato, senza alcuna richiesta da parte del Prefetto, mi sono messo in lockdown, volontario e a tempo indeterminato. Mi sono detto “Basta credere e obbedire senza combattere! Voglio essere il primo resistente al virus che si nasconde in casa e a Natale è libero di pranzare all’antica”.

Diciamolo, è ciò che i virologi canterini vorrebbero: tutti chiusi in casa, in vigile attesa di Godot. Non osano proporlo per la scarsa credibilità scientifica di cui godono. In effetti erano dei tecnici seri e competenti che a un certo punto si sono spacciati per scienziati, chi per vanità, chi per campare meglio, e li abbiamo scoperti.

Lo stesso Governo, che sta in piedi solo grazie all’ombrello rappresentato dalla personalità debordante di Mario Draghi e grazie alle abilità logistiche del generale Francesco Paolo Figliuolo, sognava di imporlo, ma è stato trattenuto dalle modestia comunicativa della sua burocrazia sanitaria, ministro in primis.

Diciamolo, non sono molti i cittadini esemplari come me che conoscendo la modestia di chi ci governa (Draghi e Figliulo esclusi), prendono la decisione giusta: auto confinarsi in casa. Sono orgoglioso di questo atto, mi sento un patriota.

Vi chiederete, perché allora ho usato l’inglese lockdown se paventando il confinamento in realtà ne sono succube? Confinamento deriva dal francese confinement con i suoi sinonimi: isolement, enfermement, quarantaine, réclusion. Mi rendo conto che quando usi le parole come terapia (con le parole io ci campo) significa che sei confuso, imbarazzato, timoroso. E così è. Non uso confinamento perché sono terrorizzato dalle reazioni dei gladiatori fascistoidi (cfr. Pasolini) di C&WC  (Cancel & Woke Culture). Costoro mi terrorizzano, molto più del Virus di Wuhan.

Tempo fa mi hanno schedato per uno scritto ove ironizzavo sul mio rifiuto, non solo a inginocchiarmi, ma pure a mangiare, con ruffiana voracità televisiva, ignobili involtini primavera cino-milanesi, ma anche indossare ridicoli calzini arcobaleno. Nella loro crassa ignoranza, avrebbero colto la similitudine con il termine “confino” di mussoliniana memoria e sarei stato spacciato. Proprio io, di nobile famiglia operaia torinese, antifascista e anticomunista da sempre, sarei stato sbeffeggiato da queste iene da tastiera alto borghesi.

Restava il religioso “clausura”, per fortuna laicizzato da Benedetto Croce. Ricordate? “Paolo Sarpi … riempiva le sue lettere di lamenti per la clausura cui era soggetta l’Italia”. L’ho cassato perché non ne coglieva lo spirito profondo.

Essendo bi-vaccinato e turbo compresso, certificato con un Pass che riporta la mitica croce bianca in campo rosso della Svizzera, posso intellettualmente farmi un baffo di costoro. In effetti, mettendomi in lockdown volontario li ho spiazzati: sono addirittura unico in Italia, un paio di mosse avanti alla Cabina di Regia.

Come primo atto del mio lockdown volontario ho affrontato il Pranzo di Natale. L’ho progettato nel rispetto delle linee guida della Cabina.

Primo. Saremo solo noi due, niente figli, nuore, nipoti. Saremmo stati in dieci, un rischio di focolaio trigenerazionale che non potevamo far correre alla Liguria.

Secondo. Nessun acquisto di cibo e di vini nei negozi locali, ormai gialli tendenti all’arancione, quindi nessun contatto fisico con la plebe.

Terzo. Niente tovaglia di Fiandra, ricettacolo di virus, ma un vecchio tagliere in legno di ulivo sul quale collocare i cibi contadini del menu.

Sono arrivati da Sedilo, un comunità di duemila persone in provincia di Oristano, fiere della loro sardità. Fra austere montagne e dolci colline, i pascoli sono biologici, OGM free, e Covid assente. Devo tutto al mio giovane amico Pierpaolo Melis che mi ha fatto conoscere i formaggi di Pes e i pomodorini di Deiana.

Il menu. Come amuse bouche qualche pomodorino nature e tocchi di salciccia fresca (il maiale, integro, è stato abbattuto una settimana fa). Poi uno spaghettino con pomodorini di Deiana e bottarga di Cabras. Quindi tre spicchi di pecorino di Pes: fresco-semi stagionato-stagionato, e come ancelle tre mieli, millefiori-eucalipto-cardo. Il cenone di Capodanno, che consumeremo alle 18 del 31 dicembre, sempre solo noi due, sarà identico. Una geniale ottimizzazione logistico-culinaria che il Generale di certo apprezzerà!

Una preghiera al Presidente e al Generale. Toglieteci solo di torno politici, virologi canterini, conduttori tv, tutti oscenamente ripetitivi. Buon Natale.

Zafferano.news

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