Ogni lustro riscrivo, con le modifiche e gli aggiornamenti del caso (oggi quello di Matteo Messina Denaro), lo stesso Cameo. Visto l’insuccesso dei precedenti, provo a dargli un taglio giocherellone.
Il dibattito sulla libertà fra sostenitori (classi alte e colte) del Ceo capitalism e loro avversari (la Plebe, cioè le classi medie-povere) procede stancamente, con però l’ovvio successo mediatico dei primi, possedendo essi tutti i media che contano.
La vita (lunga) mi ha insegnato una cosa che la politica ha poi certificato: “Quando una legge, una norma, non trova più applicazione, perché tutti la disattendono, il comportamento, in precedenza illegale, diventa di fatto legale, quindi è ovvio che venga legalizzato”. Questa soluzione, tipica dei regimi liberaldemocratici in totale disfacimento (com’è il nostro), può essere realizzata con leggi ad hoc, con sentenze di magistrati, facendo legiferare i media di regime, etc. etc., il cui risultato comunque è scritto.
E’ già successo nel caso del divorzio, dell’aborto, della droga. Il prossimo sarà quello delle intercettazioni? Ormai è diventato un inestricabile gomitolo di illegalità d’ogni genere, illegalità che vengono poi normalizzate nel momento in cui si trasferiscono sui media, in Parlamento, in Europa, diventando, di fatto, lotta politica perenne. Ora i destri credono di essere andati al potere, e quindi comandare, si accorgeranno presto che è una finzione, e dovranno adeguarsi al sistema.
Per un quarto di secolo i destri hanno blaterato contro le intercettazioni, quando pensavano di essere al potere, hanno fatto decreti, disegni di legge, feroci battaglie mediatiche, alla fine nulla successe. Quando nel 2011 tornarono (non con il voto, ma con un aiutino esterno) al potere i sinistri, prima con i loro quattro cavalieri dell’Apocalisse e il nulla dei giallo-verdi-rossi, poi con il “leader mito”, ricominciò la sceneggiata precedente, con il ruolo dei buoni-cattivi semplicemente invertito.
Personalmente, trovo fastidiosi questi “Barbari radical chic del risentimento” (copyright di Harold Bloom) ma una loro frase: “male non fare, paura non avere”, coglie un’indubbia saggezza popolare. E’ vero, una persona perbene nulla teme. Se si ritiene che la sicurezza sia più importante della libertà, però lo si dica, e si scelga una nuova strada, che sia però garantista per tutti.
Promulghiamo una legge erga omnes, cioè a valere dal Presidente della Repubblica, ai magistrati, ai giornalisti, ai supermanager, ai mafiosi, al pastore sardo, possessori di un cellulare o di un fisso. Si intercetti tutti, a tappeto, infilando il trojan ovunque, registrando in automatico, tutte (proprio tutte, nessuna esclusa) le conversazioni degli italiani. Poi queste siano nella sola disponibilità della Presidenza della Repubblica. Questa le consegnerà, quando richieste, ai magistrati interessati, agli avvocati difensori, che ne risponderanno penalmente.
Sia chiaro nulla di nuovo, questa idea (escludendo però i gerarchi del regime) è già operativa in Cina che ci ha aggiunto (buon peso) la face recognition e le telecamere in ogni luogo. Colà ci sono già modalità per classificare i cittadini “buoni” e gli “ancora non buoni”, in base alle intercettazioni vocali e visive. La Cina di Xi Jinping (Silicon Valley e il WEF sognano altrettando tacendo) ha definito un principio universale del mondo futuro: “Se vuoi comandare intercetta tutti, spia tutti, elemina le elezioni o almeno il suffragio universale”.
Mi immagino, nell’ultimo girone dell’Inferno, il vecchio Adolf mentre osserva, ghignando, il mondo che aveva sognato.