Solo la castrazione culturale delle masse può risolvere il problema sesso-potere

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Molti lettori mi hanno chiesto quale sia stato il fenomeno politico giornalistico che mi ha colpito di più nel 2017. Facile rispondere, il caso Weinstein e la campagna Me Too. Ovviamente il caso specifico del produttore Weinstein non mi è interessato, appena cessato essere gossip è diventato un problema giudiziario e come tale deve essere trattato. Più interessante il tema che c’è sotto, quello del rapporto sesso-potere, che pure è vecchio come il mondo, ed è irrisolvibile salvo praticare la castrazione culturale delle masse (ci riusciranno). Sono, come al solito, affascinato da come la Classe Dominante l’ha e lo sta trattando. La loro idiozia intellettuale mi spiazza ogni volta, eppure dovrei conoscerli bene, visto che con loro ho passato la seconda parte della mia vita. Di costoro conosco persino le nuance più nascoste, l’amore senza senso per l’arte contemporanea (mi riferisco non ai singoli ma alla massa), devono avere un Bignami segreto perché usano un linguaggio specifico per ogni artista, con frasucce che sono palesemente imparate a memoria. E poi, l’aver cancellato qualsiasi empatia, peggio direi il rispetto verso coloro che sono poveri e bianchi (per loro sono solo orrendi rednecks, eppure nella mia vita americana ricordo straordinari rednecks di raffinata intelligenza), l’insofferenza palese verso quelli che credono in Dio, il cavalcare qualsiasi causa purché sia esotica (copyright Tom Wolfe), quindi lontana da loro, per evitare qualsiasi coinvolgimento diretto. Però riconosciamolo, nella loro infinita arroganza, i radical chic stanno facendo giurisprudenza socio culturale, stanno ridisegnando un mondo che più ridicolo non potrebbe essere.

Il tema sesso-potere, come ovvio a mia insaputa, l’ho vissuto da bambino quando, durante la guerra, il pane era sottoposto alle limitazioni di una tessera annonaria (200 grammi al giorno di un pane nero, con poco grano e molti legumi sfarinati, immangiabile), eppure noi ogni sera, al ritorno dal lavoro (Ferriere Piemontesi Fiat) del nonno (voleva che lo chiamassi Nonno Stalin), arrivava sulla tavola un fragrante pane bianco (due chili, fissi). Nonna, mamma, papà fingevano con me che fosse un dono celeste.
Capii anni dopo la logica “sesso-potere” che stava alla base di quel evento, in realtà un banale negozio: la panettiera del civico 7 era Weinstein, il nonno l’attricetta poi pentita. A differenza di costei il contratto panettiera-nonno era giornaliero, era un cottimo spietato: “dare prestazione, ricevere pane”.
Da giovanissimo operaio, vissi un episodio simile, quando capii il potere immenso del nostro capo officina (diventato poi Cavaliere della Repubblica): assegnare a noi operai e operaie i “turni” (il più appetito, per la qualità della vita che ne conseguiva, era il “turno centrale 8-17”). Quelle operaie che, come diceva lui, “gliela davano” avevano la priorità, anche se le cadenze non erano giornaliere, come quella defatigante di Nonno Stalin.
Quello che non ho capito dello schema socio culturale dei radical chic americani è la terminologia usata. Perché aggressione sessuale e non ricatto sessuale? Aggressione si deve chiamare col suo nome, stupro o tentativo di stupro, e immagino sia un reato federale. Di cosa parliamo? Tutto quello che è venuto fuori finora è ricatto sessuale, come dicevano un tempo in Medio Oriente le guide arabe “dare dollaro, vedere gamello”. E allora si è scatenato l’inferno, tutto viene normato, fra colleghi si può fingere di abbracciarsi purché non vi sia contatto fisico (sic!), due colleghi non possono prendere il taxi insieme (sic!), e così via.
Mi sembra che vogliano costruire un mondo a dimensione di salotto o di terrazza e guardare i rednecks che laggiù, nello zoo della vita, si agitano e digitano, digitano, connessi al nulla. Perché? Non riesco a trovare la risposta.

www.riccardoruggeri.eu

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