Seguo da sempre un principio che mi ha inculcato fin da piccolo la mamma (anarchica): “Devi rispettare gli altri, ascoltare le loro idee, se queste non ti convincono, non devi rispettarle per nulla. Le idee devono guadagnarsi il rispetto sul campo, se sono cattive non lo meritano”. Parole sante. A questo principio mi sono attenuto in questi 18 mesi quando ho processato l’enorme massa di informazioni sulle primarie di The Hillary e di The Donald, il loro imbarazzante scontro finale, quindi le analisi altrettanto imbarazzanti del dopo voto. Tre momenti intellettualmente fantastici. Mi ero convinto, sbagliando, che con un ultimo colpo di coda, l’Establishment dem-rep sarebbe riuscito ancora una volta a rimanere al potere, facendo eleggere la Fondazione Clinton Presidente degli Stati Uniti. Il titolo di questo Cameo era già pronto, avrebbe ripreso un film di Sergio Martino, “Se tutto va bene siamo rovinati”, perché questo sarebbe stato il risultato di una presidenza Clinton. Una notazione a margine. Sergio Martino è stato un mito per molti della mia generazione, per anni fummo bombardati da film d’essais, da pellicole colte, da critici cinematografici implacabili, registi mito. Ingmar Bergman, Michelangelo Antonioni, Woody Allen ci distrussero la giovinezza, con i loro infiniti problemi psicoanalitici. Ogni tanto, disperati, ci rifugiavamo nel suo “Giovannona coscia lunga, disonorata con onore”. Pe fortuna, un giorno l’immenso Fantozzi ci riportò alla vita, ci sdoganò per sempre, pronunciò una locuzione riferita alla Corazzata Potemkin che divenne virale, pur in assenza del Web: “Per me è una cagata pazzesca”. Da allora, ancora oggi, qualsiasi documento legga, qualsiasi leader politico o manageriale veda, subito mi chiedo: una boiata pazzesca? Divenni pure io uno dell’Establishment, un mondo talmente curioso da mettermi in imbarazzo: erano o ci facevano? Propendo per la prima. Ci misi anni prima di avere il coraggio di dire che il loro approccio a una economia o ultra liberista o ultra keynesiana mi pareva una boiata pazzesca. Così una globalizzazione selvaggia che arricchiva quattro gatti, costretti poi, per problemi di coscienza, a mettere in piedi gigantesche strutture per fare curiose beneficienze (menti malate che inondavano di condom l’Africa o di galline la Colombia). Così l’impegno sciagurato a distruggere posti di lavoro, trasformando il lavoro (la forma più alta dell’essere uomo) in una commodity inventandosi teorie stravaganti come la gig economy, la share economy, la disintermediazione, la disruptive innovation, e via cantando, seghe mentali di prufesur, che nulla sanno del mondo vero. A ogni elezione in Occidente mi chiedevo: perché i partiti (socialisti, democratici, laburisti) deputati a difendere gli ultimi, da costoro non venivano votati mentre raccattavano molti voti fra i ricchi e gli intellettuali? La classe media si impoveriva, la classe povera passava da una sedativo all’altro, perchè il loro atteggiamento era inane? Possibile che le élite al potere nulla sappiano della psicologia degli sfigati? Quanto poteva durare?In America, nella notte dell’8 novembre 2016, il giochino si è spezzato. Il popolo ha dato carta bianca, non ai repubblicani ai quali vanno Senato e Camera, ma a Donald Trump. Il suo programma è semplice: creare 25 milioni di posti di lavoro in patria in 10 anni, taglio delle tasse federali, rigettare Ttip e Tpp (sia benedetto), rinegoziare il Nafta, aprire un contenzioso con la Cina (qua sarà dura, avendo i cinesi il 20% del debito pubblico Usa), stracciare l’accordo nucleare con l’Iran, far pagare le spese alla difesa dell’Europa agli europei (sacrosanto), espellere gli immigrati irregolari. E poi, la novità più alta, trovare un accordo con Putin (sia benedetto).
Non avendo avuto alcun contributo (peloso) dalle aziende, nessun contatto con l’apparato lobbistico, è il primo presidente self-made man della politica, libero, indipendente, non ricattabile. Finalmente.
Riccardo Ruggeri