Mr. President, ci protegga dal fascismo del capitalismo digitale. E da noi stessi

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Donald Trump da oggi inizia il suo lavoro di presidente degli Stati Uniti e di comandante in capo. Succede al primo presidente nero, essendo riuscito, solo negli ultimi metri, a soffiare il posto, già prenotato dall’establishment dem-rep per il primo presidente donna. Il passaggio di consegne, per volontà di un Obama, rivelatosi un piccolo uomo, è stato miserabile, com’è nello stile delle élite dem-rep che hanno governato l’America nell’ultimo quarto di secolo. Gli harvardiani come Obama, impregnati di politicamente corretto in ogni fibra, non si sono accorti che il loro modello stava facendo acqua già in corso d’opera. Costoro, da un lato sono incapaci di analisi serie dei mutamenti sociali, dall’altro stando rinchiusi nei loro confortevoli salotti dall’atmosfera rarefatta, si erano convinti che obiettivi e risultati siano un automatismo. Inoltre, non hanno capito nulla del vero profilo di Trump (e del mondo autentico che lui ha interpretato, forse a sua stessa insaputa), sottovalutandolo, sbeffeggiandolo, riducendolo a una dimensione culturale a metà strada fra bieco razzismo e incultura degli elettori. Non hanno capito che l’insoddisfazione dei cittadini nasceva, non certo dall’ignoranza, ma proprio dalla consapevolezza dell’inettitudine delle élite al potere.
Di qui previsioni catastrofiche prima e dopo l’otto novembre 2016, per fortuna il “mercato”, indipendente per definizione (di cui costoro ottusamente pensano ancora di avere copyright e timone), li ha sbeffeggiati, peggio sta reagendo con entusiasmo al tipo di politica economica delineata attraverso i suoi tweet (sic!).

Proviamo a declinare, da cittadini comuni, le sue baldanzose strategie economiche: a) massicci sgravi fiscali daranno carburante all’economia, genereranno milioni di posti di lavoro nelle industrie in crisi, il mercato immobiliare reagirà bene all’aumento dell’inflazione; b) di contro, gli sgravi genereranno deficit, il dollaro si rafforzerà, quindi i rendimenti del debito pubblico aumenteranno; c) per opporsi al rafforzamento del dollaro avrà bisogno che la Federal Reserve acquisti debito pubblico. Un giochino spregiudicato, ma coerente con i desiderata dei suoi elettori.

Si aggiunga che Trump non separerà la sfera economica da quella politica, trasformando così la politica estera in uno strumento di rilancio dell’economia.

Il pericolo (mortale) è che si torni all’euforia degli investimenti selvaggi di antica memoria, come scrive il professore svizzero Giovanni Barone Adesi, all’atmosfera dell’epoca di Napoleone III. A questo punto, noi apòti drizziamo le orecchie, non possiamo non ricordare Sedan, la deposizione di Napoleone III, la fine del Secondo Impero. E allora, andiamoci a rileggere Honorè de Balzac, autore del magistrale affresco della Commedia umana, quella che fece dire a Friedric Engels: “ho capito il mondo più dal reazionario Balzac che dai filosofi marxisti”.

L’aspetto più preoccupante sono le possibili reazioni (scomposte) dell’establishment clinton-obamiano. Mi sfugge perché non ricuperare la cultura federalista di un tempo: non c’è alcun motivo, in un paese di 320 milioni di persone, così diversificato al suo interno, che lo stile di vita di San Francisco (Castro) debba valere per Wichita o viceversa, in nome di una moda idiota, il politicamente corretto, con buona pace del filosofo Michel Walzer.

Il mondo di Trump (i suoi ministri hanno curricula e storie professionali molto migliori delle sue) non è di biechi statalisti, ma membri di un establishment conservatore old style. Personalmente mi accontenterei che Trump riuscisse a convincere noi occidentali old style e i millennials (più li osservo, più mi piacciono) che la globalizzazione selvaggia praticata dai liberal di ogni ordine e specie non sia altro che un grimaldello offerto su un piatto d’oro alla Cina per dominare il mondo (da diecimila anni la Cina ha le impronte della globalizzazione).

Questo sul versante esterno. All’interno mettere fine, se necessario con brutalità (leggi antitrust), al fascismo insito nel capitalismo digitale, una minaccia equivalente alle due ideologie criminali del Novecento. Se Donald Trump, e la sua squadra old fashion, proteggeranno noi occidentali da queste minacce più che incombenti saranno benedetti. Presidente, abbiamo bisogno di essere protetti da costoro, ma sopra tutto da noi stessi.

Riccardo Ruggeri

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