Alcuni lettori, sia della Verità sia del mio Blog, mi invitano a scrivere sulla vicenda Consip (società per azioni, posseduta interamente dal ministero del Tesoro, prima stazione appaltante della pubblica amministrazione). Non l’ho fatto, perché della vicenda sapevo troppo poco (di norma scrivo in seconda battuta, il fango, quando c’è, lo preferisco secco, qua non so ancora neppure se c’è). Il Fatto fa uno scoop (avviso di garanzia al comandante generale dell’Arma e al nuovo di zecca ministro dello sport), alcuni quotidiani, pur in assenza di notizie ne scrivono diffusamente, mentre altri, in genere sempre sul pezzo, o tacciono o la buttano in caciara, con le solite accuse alla cosiddetta giustizia a orologeria. Un classico, sei incapace di analisi o toccano i tuoi, allora ti nascondi nel complottismo: il meglio del peggio della seconda Repubblica.
Non essendo un giornalista professionista, ma semplicemente un ex manager che pubblica un Cameo di varia umanità, sull’unico quotidiano che gli dà spazio, ecco cosa avrei scritto io, con le stesse informazioni.
Un generale, un ministro, un presidente, un amministratore delegato (consideriamoli quattro personaggi in cerca d’autore), hanno vissuto una giornata particolare nei locali della Consip. In prima media, al Gioberti di Torino, imparai la mia prima frase latina: “dicunt Homerum coecum fuisse”. Quel dicunt contrassegnò per sempre la mia vita, e la mia futura militanza nel popolo apòta.
Ebbene, dicunt che il generale informi il presidente di “essere cauto” con alcuni imprenditori che partecipavano alle gare di Consip. Il presidente ne parla con l’Ad (dicunt che al contempo ricevesse la stessa informazione dal ministro). Stante il livello dal quale arriva l’informativa, l’Ad ordina una bonifica degli uffici. Le microspie vengono individuate, peccato che (dicunt) le avesse messe la Magistratura. Le cose sono andate così? Stante questa ricostruzione dei fatti, sarebbe ovvio supporre che il primo sussurro parta dal generale, quindi si può ipotizzare che il ministro sia stato informato da lui. Fino a quando non si saprà cosa abbia detto il generale al ministro siamo bloccati. Di certo, se generale e ministro si sono limitati a dire al presidente e all’Ad “siate cauti” (facendo intendere che esistessero all’interno collaboratori corrotti da fornitori) la decisione dell’Ad di chiedere una bonifica degli uffici è atto managerialmente dovuto. Ovvio dedurre che l’Ad, se avesse saputo che le cimici erano state invece messe dalla Magistratura, si sarebbe ben guardato dall’ordinare la bonifica. A prima vista, pare che i due manager di vertice non potevano certo inventarsi il fatto, quindi loro si sono comportati in modo corretto: teniamoli fuori dal ventilatore.
Si torni al generale, lui da chi aveva avuto l’informativa, cosa ha detto al ministro? Questo i magistrati devono accertare, se tutto è solare, il caso si sgonfia. In caso contrario, avremo un’esplosione termonucleare, trattandosi di servitori dello Stato del più alto livello. Sui loro comportamenti organizzativi non è ammessa neppure l’ambiguità, figuriamoci altro.
Ampliando il discorso, mi permetto di suggerire di non metterla in politica, tutti dovremmo disintossicarci del fenomeno Renzi. Questi si è preso 34 mesi della nostra vita, facendo di noi degli hooligan, schierati su due curve, una, quella sud (60%), l’ha mandato a casa. Fermiamoci qua.
Chi lo vuole demolire ha a disposizione una massa impressionante di dati, basta leggerli con gli occhiali della maggioranza silenziosa: ne esce un quadro desolante. Gli stessi dati possono però, con altrettanta legittimità, essere letti con gli occhiali rosa dell’establishment, e allora paiono freschi, innovativi. Su Renzi prendiamoci un periodo sabbatico, viviamo sereni, non parliamone più, quando, e se, tornerà, ne riparleremo. Però, basta ripetere fesserie, tipo la frusta locuzione “giustizia a orologeria” (sei un magistrato, stai ascoltando una cimice per cercare notizie di reato, il tuo mestiere, te la staccano: devi o no infuriarti, anche se hai un nome anglo-partenopeo?).
E poi, io non l’ho ancora capito: Omero era proprio cieco o godeva dello status di cecità (finta) dei grandi poeti?
Riccardo Ruggeri