L’establishment a un bivio drammatico: puntare ancora sul Rottamatore o no?

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Di tutte le riflessioni post 4 dicembre, ho trovato quella di Claudio Petruccioli, testa fine Pci-Pds-Ds-Pd, la più interessante. Se poi lo stimola uno come Goffredo Pistelli (Italia Oggi), sempre impeccabile nel raccogliere i turbamenti dei politici, si palesa l’intervista “perfetta” (come la tempesta, dalla quale deriva). L’intervistato si rende conto (e lo dice) della difficoltà, è timoroso, vorrebbe ritrarsi, poi si butta. Sa che Pistelli lo spoglierà, ma l’accetta, perché trova nell’intervistatore un medium per trasferire, prima di tutto a se stesso, una comunicazione dolorosa.
Arriva subito a farsi la domanda chiave: il colpo che ha abbattuto Matteo Renzi è un knock down (vieni atterrato, ma ti alzi prima della fine del conteggio) oppure è un knock out (al tappeto ci resti)? Si capisce che lui vorrebbe fosse riconducibile a un knock down, ma teme il peggio.

Ho provato a proiettare questa sua intervista su me stesso. Per me Matteo Renzi è solo un “paziente”, quando parlo di lui, inteso non come persona (che non conosco e non mi interessa) ma come leader politico, non c’è neppure un grammo di coinvolgimento emotivo: studio il leader politico, non giudico la persona e la sua politica. Mi sono focalizzato sulla mia tecnica dei “segnali deboli”, che lui ha emesso nei 34 mesi della sua leadership, che io ho freddamente colto e catalogato. L’ultimo, quello definitivo (per me) è stato il discorso di mezzanotte del 4 dicembre, umanamente bello, suicida in termini di leadership. Se parli a mezzanotte, con il cadavere (il tuo) ancora caldo, con moglie-vedova di bianco vestita sullo sfondo, senza avere informato prima il Presidente della Repubblica, puoi chiudere il discorso in un modo solo: presentare al popolo le tue dimissioni “irrevocabili”, perché hai deciso di uscire per sempre dalla politica (modello Charles De Gaulle), e la mattina dopo salire al Quirinale per formalizzarlo. Mesi prima avevi promesso, a reti unificate, che avresti lasciato la politica se battuto, ora che sei stato “strabattuto” pretendi una rivincita a breve, imponendo pure tuoi scherani, tutti squalificati, al governo? Comportamento non da leader.

Per quel che vale (nulla), come analista considero quello di Renzi un knock out senza possibilità (tecnica) di rientro (poi lui deciderà cosa vuole fare, così gli elettori). Era già salito sul ring groggy, il suo intontimento era precedente, ed era strutturale, certo dipendeva da suoi comportamenti organizzativi condizionati da un tatticismo d’antan (sembrava un ragazzo ma era un vecchio), però gli era sfuggita, come a molti, la “dimensione tempo” di quest’epoca.

Noi dell’establishment ci riempiamo la bocca di questa mitica globalizzazione, della implacabile digitalizzazione che ci attende, entrambe all’apparenza salvifiche, ma loro (quelli del popolo) hanno capito che li danneggerà, e ancor più danneggerà i loro figli (di lì il No dei 18-34 anni). Una volta scoperto cosa c’è sotto questo modello (sarà pure una percezione, ma per loro è la verità) ne consegue una strategia obbligata: usare il voto per abbattere comunque il leader al potere.

In America, l’establishment che c’è dietro a Donald Trump, proprio perché “vecchio, bianco, conservatore, ignorante”, ma scaltro, ha capito che la triade finto giovanilista “politici liberal-finanzieri-felpe californiane” era out rispetto al popolo. Allora si sono inventati The Donald. Questi rallenterà la globalizzazione-digitalizzazione selvaggia, punterà sul modello svizzero “Prima i nostri”, taglierà le ali (fuori sagoma) alle felpe californiane, sopra tutto guadagnerà tempo. A mio modo di vedere, oggi l’establishment (serio) ha una sola strategia praticabile: rallentare la globalizzazione-digitalizzazione, ricuperare una dimensione sociologica del presente, evitare la post verità istituzionale, guadagnare tempo.

Cosà farà Matteo Renzi mi è indifferente, come studioso sono curioso di capire se, per le prossime elezioni, l’establishment nostrano punterà ancora su di lui o no. Conoscendo i miei polli, non li ritengo in grado di una decisione secca, ne subiranno una, spesso la più idiota.

Riccardo Ruggeri

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