Ci sono momenti in cui il mio lavoro di studioso di sistemi organizzativi complessi e delle relative leadership dà delle grandi soddisfazioni. E’ stato il caso del XIX° Congresso del Partito Comunista cinese, che ho seguito attraverso tv, internet, giornali. Uno splendido spaccato del mondo di oggi, soprattutto di domani.
I Congressi dei partiti comunisti sono sempre stati esemplari, quando si aprono, le lotte di potere interne sono state già consumate, il sangue dei perdenti già deterso, così i delegati sopravvissuti alle purghe (2.280), voteranno il documento finale all’unisono. Decrittarli è facile, purché tu conosca la grammatica e il linguaggio usati. Per esempio, prendiamo tre parole che per noi, non comunisti, sarebbero quasi sinonimi: “Visione”, “Teoria”, “Pensiero”. Tutti e tre sono inclusi nella Costituzione del PCC (carta gerarchicamente superiore alla Costituzione della Stato) e indicano il posto che costui occupa nel Pantheon del Partito. Nella Chiesa Cattolica San Paolo e Sant’Umile da Bisignano sono entrambi santi, ma solo al primo è riconosciuto un “pensiero”.
Per esempio, accanto al nome del gerarca Hu Jintao, che resse per 10 anni la Cina all’inizio del secondo millennio, troviamo “Visione”, mentre una tacca sopra c’è il gerarca capo Deng Xiaoping, al quale è riconosciuta una capacità di “Teoria”, mentre solo il grande timoniere e gerarca dei gerarchi, Mao Tse-Tung, è connotato da un “Pensiero”. Ora lo stesso titolo è riconosciuto al nuovo dio in terra, Xi Jinping. Questo il suo motto cardinalizio: “Dottrina del socialismo con caratteristiche cinesi per la nuova era”, ripetuto ben 36 volte. L’anno obiettivo è il 2049 (centenario della rivoluzione) per fare della Cina un: “Paese prospero, forte, armonioso”. In che modo? “Guidare il partito in maniera rigida, nessuna concessione a Hong Kong e a Taiwan, rafforzamento delle Forze Armate come si conviene a una potenza mondiale” (il termine egemone è volutamente rimasto nella penna).
E qual è il nuovo modello politico-economico? Esattamente quello che noi chiamiamo ceo capitalism e loro “socialismo con caratteristiche cinesi”. Le aziende strategiche devono essere dei monopoli di fatto, governate da poche “piattaforme di sistema” che fanno riferimento a Ceo-gerarchi. Mentre noi non abbiamo ancora risolto il problema della governance del nostro modello, la Cina sì: un solo partito, un solo comitato permanente, un solo timoniere, sei membri pari grado, nessun vice. Ovviamente nessun ruolo alla Magistratura (a Pechino non deve esserci alcun giudice). Il ceocapitalism vive e cresce solo in un ambiente dominato dal dispotismo, questo l’insegnamento dei cinesi. Concordo, senza il dispotismo il ceocapitalism muore.
Noi occidentali siamo ancora molto indietro. Abbiamo sì cinque membri del nostro comitato permanente (le Big Five di Silicon Valley), mancano però il partito unico e il gerarca supremo. Ma, cosa grave, da noi i cittadini hanno ancora il diritto di voto, e spesso, ottusamente, votano contro l’establishment, abbiamo gli orrendi populisti, gli sciagurati sovranisti, i tiepidi globalisti, l’enorme massa dei non politicamente corretti. E pure magistrati indipendenti che vogliono inquisire anche noi delle élite (orrore).
Ecco una chicca del nostro ritardo nell’applicare i principi del ceo capitalism rispetto alla Cina di Xi Jinping (Cfr. bloomberg.com:). La piattaforma social cinese Wechat, del Gruppo Tencent (immaginate Google-Facebook-Twitter sotto un unico Ceo-gerarca, 1 miliardo di iscritti solo in Cina) ha lanciato, in occasione del XIX Congresso del PCC, una App che permetteva a tutti, alla fine del discorso di Xi (210 minuti), di aggiungere in diretta i loro applausi (l’opzione fischi non era prevista) a quelli dei 2.280 delegati ufficiali. Ebbene sono stati 800 milioni i plaudenti (sic!) e, di certo i 200 milioni di distratti, tutti schedati, dovranno giustificarsi.
E noi occidentali? Siamo ancora lì a pretendere che le Big Five paghino le tasse, fare referendum perché lombardo-veneti hanno paturnie verso Roma, avventurosi catalani non riconoscano come capo un gerarca come Rajoy, ottusi elettori tedeschi abbiano azzoppato l’anatra Merkel, americani idioti non abbiano scelto la dispotica Hillary Clinton ma un buzzurro come Donald Trump.
Bene ha fatto la mia nipotina Virginia a scegliere di studiare il cinese. Conoscere la lingua del padrone è un’assicurazione sulla vita.