Nel periodo fine anni Novanta inizio Duemila mi buttai, come imprenditore, nel mondo delle start-up. Viverci mi piacque da subito, erano tutti giovanissimi, quei pochi di mezza età erano schivati come i mezzosangue dai Sioux. Essendo di una generazione antica, mi trattavano da sciamano; non essendolo, vissi bene con loro. Non si poteva far parte della confraternita senza visitare, una volta l’anno il Ces (Consumer Electronic Show) di Las Vegas, Nevada, la più grande fiera dell’elettronica di consumo del mondo. Ci andai, fu molto positivo, in termini di business, capii che una delle start-up che avevo creato (grazie anche al supporto dell’amico Franco) era da chiudere in fretta, la business idea era troppo avanzata rispetto al contesto, i rischi eccessivi. Così facemmo, consuntivando perdite minime.
Quest’anno, ai primi di gennaio, si è tenuta la 50° edizione del Ces (3.800 espositori, 240.000 mq), bisognava esserci se volevi essere al passo dell’incombente mondo digitale. Avendo deciso, dopo gli 80 anni, di non avventurarmi più in solitari voli intercontinentali, non ci sono andato. Il figlio di un mio caro amico, grande esperto del settore, ha accettato di relazionarmi su quattro temi di mio interesse, che gli ho preventivamente elencato.
Le tecnologie indossabili. Nulla di nuovo su orologi e bracciali smart, salvo che lo spazio espositivo è raddoppiato. Interessanti per me, discreto camminatore, le scarpeUnder Armour che tengono conto dei passi e monitorano, al contempo, i muscoli. Lo confesso, sbavo per avere i jeans Spinali Design connessi all’iPhone: ti indicano la direzione da prendere (destra-sinistra-alt) grazie a loro vibrazioni a destra o a sinistra, evitando così di guardare la mappa (fa tanto cinese di Taiwan).
La robotica di utilità personale. Del robot che pulisce la lettiera del gatto (non avendolo) non so che farmene, così di quello che piega i vestiti (o hai il maggiordomo che ti segue come fosse un bodyguard, ricordo con simpatia quello di Gianni Agnelli, uomo di elegante ironia, o rinunci alla piega) . Interessante invece il tablet in Braille, qualora dovessi perdere la vista, mentre trovo indispensabile la cintura Active Protective che si trasforma in un ammortizzatore in caso di caduta (i vecchi cadono con facilità), così come Wair una sciarpa connessa al web che funge da filtro per l’aria. Invece non so che farmene di Ava, un bracciale che ti informa quando la tua fertilità è al top.
L’intelligenza domestica. Era detta domotica. Se fai parte dell’establishment, puoi anche essere un perfetto idiota (è la norma), ma la tua casa deve essere super intelligente. La classe dirigente non riesce a dormire in modo confortevole senza il letto Sleep Number che, attraverso infinitesimi adattamenti, segue i tuoi percorsi notturni. Tasti e interruttori di comando sono stati espulsi, li ha sostituiti la voce accoppiata a una App (si chiamano assistenti virtuali). Per esempio, Alexa (Amazon) dà gli ordini all’aspirapolvere Samsung, Siri (Apple) accende le lampadine Sylvania, Cortana (Microsoft), attiva il tostapane Harman Kardon. In futuro avremo l’App delle App.
L’intelligenza sull’auto. Sull’intelligenza artificiale dell’auto sono freddo, non per la tecnologia che non discuto, ma perché nessuno mi ha ancora risposto su chi programmerà l’algoritmo e chi lo certificherà. Il certificatore statale deve spiegarmi la filosofia dell’omologazione: nel momento topico ove occorra una scelta secca, l’algoritmo quale vita sacrifica? Quella del guidatore (proprietario del mezzo) o del pedone populista? Nessuna osservazione invece sulla concept car Honda, in grado di comprendere non solo le emozioni del guidatore ma pure manifestare le proprie di emozioni. Io mi farei “staccare” questo optional, non ho alcuna intenzione di farmi carico delle emozioni di un’automobile, per di più giapponese.
A questo punto, i lettori che mi conoscono si attendono dei commenti. Mi scuso, ma taccio, sono affranto per i miei nipotini che vivranno in un mondo di tali idioti (progettisti e utilizzatori).
Riccardo Ruggeeri