Ogni anno, con diligenza, ascolto o leggo il testo dei discorsi di fine anno di Presidenti, Re, Regine dei paesi europei più importanti, in primis, come ovvio, del Presidente italiano. Lo confesso, per me il discorso migliore è sempre lo stesso, quello del Presidente della Confederazione svizzera, in termini di contenuti, certo, ma soprattutto di linguaggio.
Questi viene eletto ogni anno, è un primus inter pares, e per 12 mesi svolge quest’incarico. di mera rappresentanza, in aggiunta a quello importantissimo di Consigliere federale. Sono sette i Consiglieri, a loro sono demandati sette mega ministeri, manca il premier, perché l’organo di governo è un direttorio. Le elezioni, festival del proporzionale puro, definiscono i pesi dei diversi partiti. Per il 2019 è stato nominato Presidente il Consigliere Ueli Maurer, leader del primo partito svizzero, Udc, che le élite europee e nostrane bollano, con disprezzo, come populista. A lui è toccato il compito di fare il discorso di Capodanno.
Impeccabile l’incipit “Nel mio ufficio conservo una statuetta di legno che rappresenta una vacca. Questa simboleggia le nostre tradizioni, le nostre origini, le nostre radici, i nostri comuni valori. Sono la democrazia diretta, il federalismo, lo scetticismo nei confronti dei potenti, ma anche la modestia, l’efficienza, la puntualità”. In queste poche battute si riconoscono il 99% dei cittadini svizzeri e il rimanente 1% sa che è sotto osservazione, guardato con “scetticismo”, termine di infinita eleganza per connotare un’aristocrazia riconosciuta come tale solo se i suoi comportamenti organizzativi sono consoni alle regole democratiche.
In Svizzera i ricchi, come dovrebbero fare ovunque, e proprio nel loro interesse, tengono un profilo basso, le élite praticano una certa seppur sofferta modestia. Lo stesso, con maggior fatica, fanno gli intellò.
Come pendant alla vacca, eccoci allo smartphone, emblema del rapidissimo mutamento anche della società svizzera. Dice Maurer che questi “ci apre enormi opportunità e possibilità nella vita privata, nel lavoro, nella ricerca”. Faccio notare la “gerarchia” delle opportunità offerte, la vita privata viene prima delle altre due, tipico dell’antico mondo liberale, nella sua versione nature. Infatti, “se da un lato gli smartphone facilitano la comunicazione, dall’altro ci isolano, limitando sempre più lo scambio interpersonale. In altri termini, ci trasferisce incertezza e ci fa perdere i valori di riferimento. Lo stesso vale per ciascuno di noi come singolo e per tutti noi come Paese”.
E a questo punto Ueli Maurer indica l’obiettivo “ritrovare la rotta”. E lo declina con un’immagine forte. “Sapere da dove siamo partiti ci consente di meglio comprendere dove siamo, e di decidere insieme dove siamo diretti”. Il finale del discorso vale l’incipit, ed è raro in politica.
Questo è il linguaggio dell’execution che amerei leggere e ascoltare, una volta all’anno, dalle massime magistrature europee, non certo una sommatoria di battute banali e ripetitive. Curioso poi il giochino di quelli che prima si infilano sassolini nelle scarpe per poi esultare nel toglierseli: tipica operazione a somma zero.
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