Inglesi felici fuori dall’Europa

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Il dato ormai è incontrovertibile, e lo sparuto elenco di analisti veramente indipendenti lo conferma: la Brexit ha reso gli inglesi più felici. L’Ons (Office for National Statistics del Regno Unito) lo dichiara in modo secco: a 18 mesi dal referendum l’aumento della felicità media ha raggiunto picchi mai prima neppure sfiorati. Mentre il livello di soddisfazione di scozzesi, irlandesi e gallesi è rimasto invariato, quello degli inglesi si è impennato. E’ presumibile che si sia divaricata la forbice fra londinesi e inglesi fuori le mura. Essendo per sua natura divisivo, il ceocapitalism è riuscito in un’impresa, all’apparenza impossibile: disintegrare l’integrazione fra i propri cittadini raggiunta nel corso dei secoli, senza riuscire a integrare gli immigrati. Chapeau!

Approfondendo l’analisi emerge che quel 52% di inglesi che ha permesso, democraticamente, di far vincere la Brexit non si era per nulla sbagliato a barrare il No, anzi a distanza di tempo si compiace al punto di aver fatto scattare una botta di ottimismo verso il futuro, supportato da un nuovo moto di orgoglio nazionale. E dire che il periodo post voto per gli inglesi è stato drammatico: cambio di premier, elezioni anticipate, volgarità ricattatorie degli euro burocrati che prima di negoziare pretendono montagne di quattrini come penali, sommatisi a devastanti attacchi del terrorismo islamico.

Per non parlare dell’offensiva degli economisti europei di regime che hanno vivisezionato l’economia inglese: in effetti è passata dall’essere la più dinamica alla più lenta, una sterlina indebolita sia su dollaro che su euro, un’inflazione salita al 3%, calo della fiducia dei consumatori, livello di indebitamento dei cittadini ai massimi. Tutto vero, tutto giusto ma la percezione dei cittadini che dovrebbero essere travolti da questi dati che rendono felici gli economisti gufi è tutt’altra. Infatti perché si dichiarano più felici proprio quando i “numeretti” dell’economia danno loro torto? Lo scopriremo presto.

La Brexit sempre l’assocerò al volto devastato dalla stanchezza e dall’ira di Beppe Severgnini che da Londra raccontava a La 7 quella notte per lui sconvolgente: il popolo aveva votato contro le élite, gli inglesi contro i londinesi (come se gli schiavi greci avessero votato contro gli ateniesi di Pericle, se ne avessero avuto il diritto). La frittata era fatta, servita su un letto di lattuga (pardon di lattuce).

Scrissi una banalità, il mondo non sarebbe stato più lo stesso, ma per farla loro pagare avrebbero applicato alla Brexit il protocollo della “Mucca pazza”. Infatti, il mondo cambiò, il “buzzurro” Donald seppellì Hillary, arrivò il No al nostro referendum, la “non vittoria” di Merkel, l’Austria, la Catalogna.

La parola agli psicologi: sostengono come gli esseri umani quando prendono una decisione di svolta radicale rispetto al passato entrano in un’atmosfera di euforia. E’ il caso degli inglesi che si sentono orgogliosi di questo loro atto di coraggio. Di contro gli altri europei, che pensano di avere tutti i loro “numeretti” a posto vivono in stati di ansia in costante crescita. Io credo di più all’importanza di un altro dato poco citato dagli economisti: l’occupazione.

E per gli inglesi questa è scattata ai massimi dal 1975 (sic!): questa la chiave. Lor signori non lo sanno ma, per fortuna, noi umani siamo stati concepiti per lavorare, non per essere consumatori connessi e zombie figli del reddito di cittadinanza, come ci vorrebbe il ceo capitalism dominante.

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