Lo confesso, sto vivendo un momento magico dal punto di vista intellettuale, sono immerso in quella che chiamo la “decade della morte” (80-90 anni), eppure mi pare essere nella decade della “prima giovinezza consapevole” (20-30 anni). Così come fino a un paio d’anni fa ero preoccupato per il futuro dei miei nipoti, stante il tipo di mondo che si andava configurando (domani parleremo dell’osceno mondo di Mark Zuckerberg) ora lo sono molto meno. Per fortuna dopo la magica notte del referendum c’è stata quella del 4 marzo. Sono in attesa dell’autocritica dei miei amici delle élite e dell’establishment. Come quelli del Pd secondo loro devono “spaccarsi” ancora fra renziani e anti (hanno ragione), così deve avvenire pure nelle élite fra i filo Silicon Valley e no. Ne parleremo poi, oggi concentriamoci su un aspetto volutamente minimale.
Il bilancio dei sette anni dominati da governi filo establishment (Monti–Letta–Renzi–Gentiloni) è imbarazzante, infatti i cittadini, interpellati su quali istituzioni si fidino ancora, sono stati chiari: banche, governo, partiti sono precipitati all’intorno del 10% di gradimento, mentre le forze dell’ordine sono schizzate al 70% (no comment). L’establishment avrà preso atto che l’area del politicamente corretto sulla quale avevano puntato tutto (il Pd, le varie sinistre e i moderati di ogni tipo e faglia) si sta sfarinando (sembrano quelle galline ovaiole in batteria solo più pelle e ossa)? Il giochino di fare una politica filo élite con i voti dei poveracci è finito, così come quella di scambiare diritti civili con diritti sociali dei poveracci. Mi chiedo: come è stato possibile puntare su un piano “A” basato sul Partito della Nazione (Matteo Renzi & Silvio Berlusconi) e su un piano “B” (ultima spiaggia) basato su un centro destra guidato da un ultraottantenne (essendolo anch’io, se interpellato avrei spiegato che a quell’età si torna bambini, si confondono per esempio le lire con l’euro, il tramonto con l’alba).
E poi, cosa sarà loro passato in mente di invitarci a votare Paolo Gentiloni e Emma Bonino, due persone umanamente impeccabili ma unfit nel contesto politico, economico, culturale, nel quale siamo immersi. Bonino è stata contestata persino dai giovani radicali, appartiene a un mondo lontano dove la politica era ancora ruzzare (la vita di Marco Pannella è stata tutta e solo un gioco). E che dire di Gentiloni? Come analista voglio essere gentile, per giudicarlo (in termini di execution) prendo l’accordo con la Francia per il ridisegno dei fondali marini in Liguria, Toscana, Sardegna da lui firmato come ministro degli esteri, che poi come premier avrebbe dovuto far ratificare in Parlamento mettendoci la faccia. Si è ben guardato, e bene ha fatto, stante la qualità dell’atto. Lo prendo perché è un argomento che conosco bene. Da sempre esiste nel tratto di mare fra Bordighera e la frontiera di Ventimiglia una buca profonda 700 metri ove vivono una colonia di gamberoni (detti “Gamberi di Sanremo”) dalla qualità eccelsa e dal prezzo conseguente (infatti più della metà finiscono sulle tavole di Montecarlo e della Costa Azzurra). Li mangio da quarant’anni, grazie alla barca attrezzata per quella profondità degli amici pescatori Simona e Francesco e da anni, nel mio piccolo, mi agito con i pescatori liguri che si oppongono alle sconcezze europee e all’arroganza francese.
Cosa sarà saltato in mente a una persona perbene come Gentiloni di aprire un negoziato che riguardava la Fossa del Cimitero ove vivono queste meravigliose creature che parlano italiano? Per il ponente ligure la Fossa dei gamberi è l’equivalente della Cappella Sistina per i cattolici: è intoccabile, figuriamoci poi darla a bonapartisti d’accatto come i francesi. I gamberoni radical chic ai francesi, i poveri migranti nigeriani respinti a Ventimiglia a noi? Non scherziamo. Eppure Gentiloni l’accordo l’ha sottoscritto e l’avrebbe pure fatto ratificare in qualche notte di vento e di tempesta, se avesse vinto le elezioni (le Coop dei pescatori filo Pd lo supportavano). Per fortuna tutti spazzati via, i gamberoni salvi.
Un episodio banale, certo ma pure un segnale debole di qualcosa di ben più profondo, questa tipologia di politici raffinati e cosmopoliti che si considerano statisti di nomina regia non hanno nella mente e nel cuore “l’interesse nazionale”. Speriamo che Luigi Di Maio e Matteo Salvini appena arrivati al potere non diventino anche loro cosmopoliti. Li terremo d’occhio.
Riproduzione vietata