Su un aspetto tutti noi analisti indipendenti concordiamo: la campagna elettorale è stata oggettivamente brutta. Ciò non significa però che essa non abbia avuto una sua specificità, a volte innovatività, nella ricerca dei temi chiave della comunicazione politica. I diversi partiti-movimenti hanno capito, in tempi diversi, che il doppio tema Euro-Europa non era più di alcun interesse per gli elettori. Il flop di Angela Merkel, diventata un’imbarazzante anatra zoppa dopo l’insuccesso alle elezioni e alla certificata incapacità a formare un governo con i liberali e i verdi, il dover ripiegare sugli ormai moribondi socialdemocratici di Martin Schulz, ha avuto un impatto importante sulla nostra opinione pubblica, cancellando questi due temi dalle priorità percepite.
Luigi Di Maio e Matteo Salvini l’hanno capito per primi, hanno tolto Euro ed Europa dall’agenda. Solo in corso d’opera l’ha fatto Silvio Berlusconi che in ritardo ha capito come l’endorsement su di lui di Merkel e dei Popolari europei non solo non portava voti ma poteva essere controproducente. L’intuizione migliore l’ha avuta Di Maio: capire che al Sud, per la prima volta nella storia, la parola chiave vincente era “Onestà” e nell’intero paese “Trasparenza”. Ha così trasformato la campagna elettorale in un reality show, cavalcando l’innovativa modalità di fare giornalismo d’inchiesta di Fanpage (la Famiglia De Luca come riferimento di un certo modo di fare politica vincente al Sud è stato spazzato via da quattro brillanti giovani giornalisti, con un danno rilevante per il Pd di Renzi). A questo ha aggiunto il giochino della comunicazione a piccole dosi dei nomi dei ministri di un fantomatico governo che mai nascerà. Ma al grande pubblico l’idea “trasparente” di anticipare i nomi al Presidente della Repubblica, al di là dell’irritualità costituzionale, è piaciuta. Si è così abilmente sottratto all’oscena sceneggiata che si terrà quando una serie di sconosciuti, percepiti come “impresentabili”, salirà in delegazioni dopolavoristiche al Colle per il colloquio post voto con il Presidente.
Abile pure Salvini: al Sud ha seguito l’intuizione di Di Maio e si è presentato come il “Nuovo”. Al Centro-Nord si è affrettato ad abbandonare i temi Euro ed Europa e a cavalcare la triade “Immigrazione-Lavoro-Sicurezza”: è probabile che diventi, grazie anche all’abile lavoro sotterraneo di Luca Zaia, il partito di riferimento dell’Italia che conta, relegando il Pd di Renzi in alcune enclave in Toscana e in Emilia, e spingendo Silvio Berlusconi sempre più a Sud. Il giochino di portare avventurosamente sul palco Vangelo e Rosario, apparso (giustamente) orrendo alle nostre élite più eleganti, in realtà era rivolto a quei cattolici che non sopportano il far politica dei preti che si ispirano a Monsignor Galantino (e sono tanti). In questo senso la demolizione dell’immagine delle Ong, causa ripetuti scandali sessuali, e non solo, è stata tutta acqua portata al suo mulino: in termini elettorali probabilmente pagherà.
Per la prima volta Silvio Berlusconi ha sbagliato il tempo d’ingresso nella campagna elettorale (troppo presto) arrivando all’ultima settimana spompato. L’incapacità a distinguere lira ed euro fa il paio con i congiuntivi grillini, mentre quello del nome del premier, “Antonio Tajani no-forse-sì”, è stato controproducente e in controtendenza sulla “trasparenza” dei candidati pentastellati.
Di Matteo Renzi che dire? Aveva un enorme problema davanti a sé: sapeva di dover pagare pegno per aver governato, pagare il fallimento al referendum, il non essersi ritirato dalla vita politica come aveva promesso, il disagio a presentarsi in pubblico per timore di essere contestato, l’aver capito che l’establishment l’aveva abbandonato (Marchionne: “Renzi? Mi ha deluso”), sostituendolo con il duo Paolo Gentiloni-Emma Bonino, l’impossibilità di trovare le parole chiave giuste per condurre un’efficace campagna elettorale. Con tutti questi vincoli bene ha fatto a rimanere defilato nel bunker del Nazareno e attendere la sentenza del popolo.
La parola ora a noi cittadini. Più andremo a votare e tanto più una campagna elettorale brutta darà risultati stimolanti per il futuro.