FARE BUSINESS NEL MONDO POST VIRUS

Una dozzina d’anni fa, abbandonai tutte le mie attività retribuite e mi dedicai a un sogno: “Cercare di capire in che mondo sarebbero vissuti i miei quattro nipoti, tutti nati nel nuovo secolo (Generazione Z)”.

Nel periodo ho pubblicato migliaia di Camei giornalistici, diversi libri, fino a quello che li riassume tutti: Uomini o Consumatori. Il declino del CEO capitalism di Giovanni Maddalena e mio (Grantorino Libri), appena uscito sulla Rete per i soli abbonati a Zafferano.news (abbonarsi è gratis).

Ero convinto che il sogno di disvelare il futuro non si sarebbe mai realizzato. Invece, improvvisamente, uno dei tanti virus che la Cina profonda produce da sempre, era diventato il Virus. Di colpo, il modello in essere, che tutti, io per primo, credevamo invincibile (almeno nel breve), in poche settimane è collassato. Le leadership del mondo si sono sbriciolate, sono come impazzite, ci hanno messo tutti in quarantena, precipitandosi a promettere quattrini a vagonate, pur di rimanere al potere.

Per me è stata invece una sferzata di vita, sono tornato sul pezzo. Ho potuto riciclarmi nel mio mestiere di sempre: cercare soluzioni alle crisi aziendali attraverso modalità innovative di ristrutturazione e di riposizionamento strategico dei business. L’amata contro-intuizione è tornata ad essere al centro della mia vita.

Come cavia, ho scelto un piccolo ristorante gourmet di un comune medio-piccolo di provincia. Storytelling, in linguaggio giornalistico:

“Un amico, titolare di un ristorante (era a un passo dalla stella Michelin), mi ha detto: Ho un problema di liquidità, o non riapro più o se lo faccio, prendo il prestito dei 25.000 €? Mi aiuti?”.

Molti altri lettori mi hanno posto la stessa domanda, tutti titolari di piccole-medie aziende del mondo dell’agricoltura, dei servizi, della ristorazione, della piccola hotellerie. Ogni caso è un caso a sé, ma tutti questi imprenditori (seri) vivono il dilemma se chiedere o meno il prestito di 25.000 €. Una premessa: chi si pone questo problema è un vero imprenditore.

Impossibilitato a rispondere a tutti, ho preso il caso del mio amico e, in base alla mia metodologia (copyright “Protocollo Magma”), ho elaborato una proposta operativa. Il titolare deciderà.

Il Protocollo vale per tutti quei business (e sono tanti) dove al primo posto per la “ripartenza” non c’è solo la mancanza di liquidità, ma il cambio di paradigma. La mia è un’idea strategica, ovviamente da personalizzare, per un processo decisionale che può essere solo del titolare, supportato dal suo commercialista o consulente.

Profilo del “Caso”. Ristorante ubicato in un piccolo comune, con doppia stagione (estiva-invernale), clientela medio alta, elevata qualità del cibo (pasto medio, vini esclusi 50-60 €). Possiede un orto importante, gestione famigliare (titolare e mamma in cucina, moglie in sala), 7 dipendenti in vari ruoli, clientela fidelizzata, per il 60% “seconde case”, il rimanente 40% clienti locali.

Tre gli scenari di mercato post “virus” secondo il FMI, riportati da Martin Wolf sul Financial Times:

“1. I blocchi durano il 50% in più rispetto all’ipotesi di base.

2. C’è una seconda ondata del Virus nel 2021.

3. Questi elementi sono combinati.”

Decliniamo questi macro scenari nel nostro ristorante-cavia.

Nello studio, ho simulato le opzioni che avrebbe il titolare, in base ai suoi parametri di liquidità, indebitamento, struttura dei costi, affitti, incidenza costo del lavoro, rapporto con i fornitori, primo margine di contribuzione. Per completare l’analisi si deve ipotizzare che molti dei suoi concorrenti (sul basso), prenderanno sì il contributo statale, ma poi è probabile che saltino comunque, stante che erano già tecnicamente semifalliti prima del Virus, figuriamoci con questo scenario.

Primo nodo strategico: prendere o meno il finanziamento di 25.000 € ? Non avendo liquidità, e rendendosi conto che la struttura del menù precedente sarebbe impossibile da confermare, il titolare ha accettato di ragionare non più in termini di offerta ma di domanda. Per lui questo cambio di paradigma ha rappresentato un drammatico choc culturale. L’analisi mostrava però un suo vantaggio competitivo: non aveva alcun debito con i fornitori, e la cucina (nuova) e la cantina erano pagate. Quindi aveva sì zero liquidità, ma anche zero debiti. Si aggiunga che la sua professionalità e passione culinaria, erano molto alte: un vero asset. Insomma, anche gli spesso trascurati fondamentali umani c’erano tutti.

Secondo nodo strategico: individuare i suoi punti di forza sui quali investire in termini di energie. Ne ho individuati tre:

1. Forza-compattezza della Famiglia.

2. Orto di proprietà.

3. Capacità di fare squadra con i fornitori strategici (ha accettato una modalità innovativa di integrazione).

Ho ipotizzato (worst case) che nelle due stagioni, estiva-invernale 2020, perda quasi tutti i clienti “seconda casa” e parte degli altri, per l’impoverimento di entrambe le classi sociali. Questa scelta ha eliminato l’opzione di riaprire secondo il modello di business precedente, e con il vecchio layout passato (il problema “distanze” dimezzerà i posti, perderà 7 tavoli su 12, con quel che ne segue).

Conclusioni: mi sento di proporre la riapertura, però per minimizzare i rischi, verrà fatta in due mosse. La prima, sperimentale, va da giugno a dicembre 2020. Qua la partita si gioca a “cassa zero”.  Se non funziona, si chiude. Se ci sono le prospettive, si va avanti con il nuovo modello di business. La scelta di rifiutare i 25.000 € dello Stato l’ho considerato strategicamente un prerequisito. Oltretutto non sarebbe stato eticamente corretto prenderli, visto che il disegno finale del progetto prevede o la chiusura a termine o un’organizzazione senza dipendenti, a gestione esclusivamente familiare.

A questo punto occorre modificare il menu, riposizionarlo. La qualità sarà sempre alta, però con enfasi sull’orto di proprietà che diventa l’asset primario del business, insieme al lavoro dei titolari. Si “riapre” con zero dipendenti. Si fanno accordi, con scadenza fine 2020, con il locatario e i fornitori, del tipo “on/off”. Si introduce un take away di qualità come business a margine delle fase di rilancio. Quindi si definirà una politica prezzi coerente con il “nuovo” primo margine di contribuzione. Si assume pure che molti concorrenti o non riapriranno più, o se lo faranno, siano destinati a collassare. A fine 2020 si tireranno le somme e si deciderà, se passare o meno alla fase due.

In sintesi, la business idea è di abbandonare il modello precedente (miraggio stella Michelin: un mondo ormai passato) e di concepirne uno nuovo, che faccia leva sui suoi tre punti di forza prima indicati. Il tutto con il vincolo di “investimenti zero”. Questo ci porta a una nuova configurazione del pay off: “leader nella cucina povera di lusso”.

Una notazione. Si assume che questa sia una crisi di economia reale, e non finanziaria come sostengono i Governi (tutti) che così la gestiscono. Si assume di avere a che fare con una classe dirigente culturalmente lontana dalla realtà della vita vera. Decidono secondo un modello ormai slabbrato, su temi che non hanno mai vissuto, e che non capiscono. Riaprire un business, in un mercato totalmente mutato, con paradigmi da riconfigurare, è una grande sfida per imprenditori di razza. E’ ovvio che questi imprenditori post Virus, non possano contare su strutture governative burocratiche anti industria e anti mercato come queste. Così si spiega la scelta di non richiedere finanziamenti. Il rapporto con lo Stato dovrà essere limitato al minimo sindacale: rispettare le leggi e pagare le tasse.

La frase di Giorgio Armani “E’ tempo di rallentare, troppe collezioni, troppa merce” è la dimostrazione che lui ha capito tutto del CEO capitalism. Per trent’anni siamo cresciuti senza ritegno, senza passare attraverso sani consolidamenti successivi. Poi il “pettine è arrivato ai nodi”. E’ stato un suicidio. Chi riapre deve ripartire dai fondamentali del business e da B.E.P (punto di pareggio) protettivi, non sognare un ritorno al passato. La strategia che ho proposta è stata esattamente questa. Un bagno di realtà e di umiltà.

Non c’è dubbio che, con questi presupposti, l’occupazione, per il Paese, sarà un immenso problema, con ovvio riverbero anche sul mercato della ristorazione. L’unico tentativo di salvezza per il titolare era quello di riaprire con un ristorante “fortino,” con una strategia tutta basata sulla difesa a oltranza del B.E.P, ma pronto a svilupparsi e crescere, appena se ne verificassero le condizioni esterne”.

Questo studio l’ho sottoposto in anteprima, per avere contributi su cui riflettere, a un parterre selezionato di una ventina di personaggi: un banchiere, due CEO di multinazionali, due imprenditori, un economista, un accademico di Politecnico, un ex sindacalista CGIL, due intellettuali, diversi commercialisti. E’ chiaro che questo modello modalità “Protocollo Magma”, può essere applicato a svariati business, che rispettino però alcuni presupposti strategico-operativi, che sono insiti nella sua configurazione.

Sia chiaro, “Protocollo Magma” non è una app da scaricare, non è un vaccino da assumere, ma un processo decisionale molto innovativo da personalizzare, caso per caso. In base alla sperimentazione in corso, troverò la modalità per diffonderlo.

Zafferano.news

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