Chissà perché un banale conflitto di interessi filiale è stato trasformato dal mondo renziano in un attacco a un principe del giornalismo. Un Ferruccio de Bortoli stalker, ossessionato da un “maleducato di talento” (copyright dello stesso de Bortoli), proprio non me lo vedo. Questo Cameo è un modesto contributo di saggezza senile a coloro che lavorano per il ritorno di Matteo Renzi a Palazzo Chigi. Sappiano che sul tema “trasparenza” i ceo hanno gli stessi problemi dei premier. Stesso il dilemma: di fronte a certi fatti sgradevoli diventati pubblici, conviene ammettere o mentire? A volte è opportuno mentire, nel supremo interesse dell’organizzazione, altre, per me la quasi totalità, meglio ammettere, e chiedere scusa. Solo nel caso dei tradimenti amorosi, la prassi culturale prevalente privilegia il mentire, sempre e comunque.
A me il primo Renzi era piaciuto (come il Berlusconi del ’94), poi successero due fatti, le “slide” e le “dimissioni spintanee” di Carlo Cottarelli. Su quest’ultime si giocò un pezzo del destino dell’Italia. L’unica cosa da ricordare del consolato di Mario Monti fu la “Riforma Fornero”, sommando i “risparmi strutturali” di quella con la spending di Cottarelli avremmo avuto, a regime, 60 miliardi disponibili per abbattere il debito, e oggi l’Italia avrebbe un’altra credibilità internazionale. Non fu così.
Nel management esistono due tipologie di slide: a) quelle riferite agli scenari, alle strategie di lungo, ai sogni (le aziende hanno sogni e incubi come gli umani), sono presentate dagli slideur (sacerdoti eunucoidi di bell’eloquio e di bell’aspetto), a uso e consumo dei media, degli analisti, dei gonzi insomma; b) quelle destinate agli azionisti, al management, ai collaboratori, vengono sempre e solo presentate dal ceo. Le prime sono ricche di fuffa, le seconde rappresentano l’execution del piano strategico, fatto di impegni temporali, di azioni, di risultati.
Le slide 2013 di Renzi furono la sua tomba, solo un dilettante o un furb da pais (piemontesismo), poteva prendersi impegni così stringenti, dandosi tempi così stretti. Confuse sogni e obiettivi con execution, i cittadini tradussero slide con cambiali, lui non le pagò, andarono in protesto, la sua credibilità fini lì. Stessa scena con il jobs act. Quando nacque, scrissi che aveva i connotati del “voglio, non posso”, ma rifiutai di giudicarlo prima di 24-36 mesi, avrei atteso i consuntivi. Ora ci sono, solari, per non ferirlo, riporto una frase dell’amico (suo) Lorenzo Bini Smaghi: ”Gli occupati sono sì aumentati di 600.000 unità ma a noi contribuenti sono costati 15 miliardi €: non una grande trovata”. Perché Renzi e i renziani, quando ripetono come un mantra i 600.000 nuovi occupati non aggiungono quanto sono costati al contribuente? Se non lo fai sei un furb da pais. Punto.
Stessa trasparenza avrebbe dovuto tenere Luca Lotti nel caso Consip, dire la verità gli conveniva, perché aveva fatto una cosa umanamente ovvia, parlare con un amico. Lo stesso avrebbe dovuto fare Maria Elena Boschi. Ferruccio de Bortoli aveva scritto un’ovvietà: “Maria Elena Boschi chiese a Federico Ghizzoni di valutare una possibile acquisizione di Banca Etruria … Ghizzoni incaricò un collaboratore di fare le opportune valutazioni patrimoniali, poi decise di lasciar perdere”. E’ ciò che avviene migliaia di volte nei rapporti fra i vertici della politica statale, regionale, provinciale, comunale e i membri della società civile, proprio con la locuzione “valuti una possibile …”: L’uno si esprime così, l’altro risponde che lo farà verificare a un collaboratore, anticipo di una risposta spesso negativa. Certo, Boschi aveva un potenziale conflitto di interessi, poteva chiedere scusa per la scivolata filiale e finiva lì. Altro che querela. Nel mondo di internet l’arroganza non paga.
Ho apprezzato Ghizzoni: lui vuole tenersi fuori, e pure de Bortoli che ha fatto con eleganza il suo mestiere. A Boschi conviene stracciare la querela e tacere. Comunque tranquilli, fra un pò il mitico “polverone” si depositerà e coprirà, come al solito, le pudenda dei nostri politici.
E alle elezioni andiamoci quando lo deciderà il più saggio di noi, Sergio Mattarella.