Battaglia fra i finti “competenti” e i presunti “incompetenti” per guidare l’Italia.

Uno degli aspetti più interessanti della campagna elettorale, vista dall’esterno, e da un terzo come sono io che pretendo pure di fare l’analista (ne avrò le competenze?), è individuare la parola chiave che la connota. In realtà, l’establishment ha già deciso per noi: vorrebbe che scegliessimo fra “competenti” e “incompetenti”. Per loro “competente” è Matteo Renzi e, purché si adegui a fare il portatore sano dei voti mancanti per fingere di essere ancora in democrazia, Silvio Berlusconi. Stanno lavorando di buona lena (da Angela Merkel a Bill Emmott) per spalmare il Cav. di un secondo strato di cerone (il primo serve per renderlo presentabile) che lo faccia pure apparire “competente”. Sia chiaro, non competente in termini assoluti (impresa disperata pure per i singoli componenti dell’intero establishment), ma relativa, accontentandosi poi, gratta gratta, che almeno non sbagli i congiuntivi. Questa è l’ultima discriminante alla quale si sono aggrappati.

Nella celebre campagna elettorale del 18 aprile 1948 la parola chiave dell’establishment (due nomi su tutti: Alcide De Gasperi e Luigi Einaudi: quelli sì degni di essere establishment) fu “libertà”. Non ci fu partita, l’establishment liberal democratico, nella percezione del popolo, era di gran lunga meglio dell’opposizione comunista, ergo i comunisti, nell’urna, furono spazzati via. Ma questi, con grande abilità, mutarono divisa, con il tempo divennero un’eccellente opposizione, occupando alcune aree della società (in primis la scuola e la cultura) che sarà loro utile nei successivi settant’anni per dettare l’agenda al Paese.
Da trent’anni a questa parte la parola chiave è stata sempre e solo “cambiamento”. Termine che veniva però declinato in modi diversi, fino ad arrivare, all’ultima versione, quella rafforzata di Matteo Renzi: “cambiamento previa rottamazione dei predecessori”.
Su questa idea, giudicata innovativa, tutte le élite, tutto l’establishment, persino quelli dalla rarefatta puzza al naso, subito fu amore, amore a prima vista, poi orgasmi multipli, infine si schierarono con Renzi senza se e senza ma. Giornali e tv da sempre in perenne contrasto fra loro, ingoiarono rospi d’ogni tipo ma trovarono su costui una faticosa sintesi.
Renzi, grazie alla sua intelligenza a spettro superficiale vastissimo, ma con chiara assenza di profondità, per ben mille giorni produsse quantità industriali di slide e slogan che, grazie al meglio del meglio dell’intellighenzia dell’economia, del diritto, della burocrazia statale schierata con lui a mò di tappettino, trasformò in leggi, decreti, protocolli, norme. Divenne il terzo uomo politico sotto i 40 anni più influente al mondo (sic!), dovemmo comprargli un super aereo per permettergli di scorrazzare nei cieli per attutire questo bisogno infinito di irrequietezza che lo percorreva. La stessa che la Classe Dominante dell’intero Occidente da un trentennio non riesce a dominare, non avendo ancora capito la differenza fra i fantasmagorici obiettivi (sogni) che si pone e la loro realizzazione (execution). Così si sono ridotti a scambiare qualche diritto civile di serie “B” con qualche diritto sociale di serie “A”. Di questa enorme produzione di riforme, per fortuna, non resta quasi più nulla: il combinato disposto Consulta-Cittadini elettori ha eliminato quelli più pericolosi, la prassi e la dura realtà della vita ha cancellato gli altri. Un disastro di incompetenza.

E’ curioso come i due partiti (Pd e Fi) che dal 1994 hanno governato, in modo sciagurato, il Paese si arroghino la qualifica non solo di essere “competenti” (i risultati di questa presunta competenza sono sotto gli occhi di tutti: aumento della povertà e precarizzazione selvaggia per limitarsi ai primi due posti di un lungo elenco) ma di definire gli avversari politici “incompetenti”. Possibile che non capiscano come un modello sciagurato (il loro) non possa che produrre risultati sciagurati? Se ci aggiungi l’incompetenza di entrambi gli schieramenti che resta?

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