Dopo l’attentato di Westminster impugniamo il rasoio di Occam e diamoci da fare

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In termini di comunicazione l’attentato del terrorista islamico sul ponte di Westminster ha percorso tutte le “stazioni” del format che ormai le nostre tv dominano con grande perizia.

  1. La Londra multiculturale, il ponte, il Parlamento più antico del mondo, la ruota dall’altra parte del Tamigi, erano uno scenario perfetto di un evento criminale con morti e feriti: sembrava un film, invece era un dramma umano.
  2. E’ stato un attentato caratterizzato dalla semplicità, chiunque potrebbe compierlo: un suv, un coltello da cucina, un cinquantenne, criminale da sempre, un eroe.
  3. L’eroe è Keith Palmer, il poliziotto accoltellato: con il suo sacrificio ha salvato molte vite umane.
  4. Una sola caduta di stile, il siparietto fra il Sindaco Sadiq Khan (nato in Uk) “Gli attacchi terroristici sono da mettere in conto se si vive in una grande città” e il figlio di Donald Trump che aveva commentato “Ma stai scherzando?”.
  5. Il tentativo di alcuni media, nelle prime ore, di collegarlo con Brexit (giornalismo d’accatto).
  6. Un sospiro di sollievo delle élite quando hanno saputo che il terrorista islamico era nato in Uk, la frasetta salottiera “i terroristi sono fra noi, non arrivano con i migranti” può continuare ad essere usata impunemente.
  7. Altro loro sospiro di sollievo: “Il terrorista islamico aveva 52 anni, l’Isis non fa più presa sui giovani”. Consolatorio o vero?
  8. La polizia inglese, a differenza di quelle francese e belga, ha mostrato grande efficienza, ha insegnato a tutti come si comunica con la stampa. Chapeau!
  9. Theresa May ha chiuso l’evento con la frase classica: “Non ci faremo intimidire”. Significa tutto e nulla, ma l’ha detta bene, al momento giusto.

Che dire? La prima sensazione, a 48 ore dall’evento, è che i cittadini stiamo metabolizzando questi fenomeni in tempi sempre più brevi, e ciò è sia positivo che negativo. La seconda è che i cittadini si stanno sempre più impossessando della metodologia che sta alla base di un principio medioevale che pochissimi di noi conoscono, ma che, animalescamente, moltissimi di noi posseggono, quasi fosse un patrimonio genetico. E’ il principio metodologico che sta alla base del pensiero scientifico moderno, detto “Rasoio di Occam”. Semplificando, si può dire che, di fronte a un problema complesso, “a parità di fattori, la spiegazione più semplice è da preferire”.

Sarò un illuso, ma più rifletto sui grandi temi dell’oggi (sicurezza, immigrazione, economia, lavoro) più mi convinco che ce la faremo a trovare soluzioni condivise a questi quattro problemi, se come cittadini impareremo a maneggiare sempre meglio il “rasoio di Occam”. Decliniamolo così: respingiamo il grande falso degli intellò: “problemi complessi richiedono soluzioni complesse”, sostituendolo con il più manageriale “qualsiasi problema ha una soluzione”. Ancora meglio: meno ideologie, più execution, inutile “fare con più ciò che si può fare con meno” come sosteneva il filosofo e frate francescano del XIV secolo, Guglielmo di Occam.

Riccardo Ruggeri

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