Che anno sarà il 2018, ce lo dirà la colatura delle alici.

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Che anno sarà, politicamente, il 2018? Solare, perché farà chiarezza. In questo senso, mai sono stato così ottimista. Per natura rifiuto di cadere nel pessimismo di moda e al contempo nell’ottimismo di maniera. Certo, i primi due mesi saranno orrendi, specie per noi delle élite, tutto il brutto che abbiamo sedimentato esploderà. E’ trent’anni che ci scambiamo insulti e volgarità, a volte neppure eleganti, ora siamo stanchi, siamo tutti più vecchi di quanto reciti la nostra carta d’identità. I cittadini non ne possono più di noi, appariamo così piccini, così rissosi. In questo periodo pre elettorale noi establishment, perché è di noi che parlo, ancora ci divideremo, ci insulteremo, useremo ogni mezzo per prevalere gli uni sugli altri, con l’arroganza idiota che ci ha spesso contraddistinto. Per questo ci considerano una casta, ma non siamo neppure capaci a esserlo. Fino alla fine i colpi bassi si sprecheranno, ma poi, appunto, finirà. Succederà qualcosa, che oggi non so neppure immaginare, certo niente di eclatante, non un terremoto, forse una scossa sussultoria atipica. Cambierà lo scenario, ne sono certo ma non so come. La politica è come l’amore, nel durante vale tutto, ma alla fine arriva, sia benedetto, il pianto, la disperazione, e dopo ci si chiarisce, e si decide: o amanti o amici, mai nemici. In fondo, se non tutti patrioti, tutti italiani, a modo nostro, lo siamo. E nel profondo siamo convinti di essere, di riffa o di raffa, il miglior popolo del mondo. Penso sia oggettivamente vero. Prendiamone atto, per una volta, non facciamoci del male.

Il 2 marzo finirà una mai nata Seconda Repubblica, il 3 marzo sarà una giornata di silenzio, il 4 voteremo. Passerò la notte con Enrico Mentana, e il 5 saprò chi ha vinto. Nascerà, a insaputa dei più, la Terza Repubblica, ed io, per quel che vale (nulla), collaborerò, perché questa volta, qualunque sia il finale, ha deciso il popolo, il risultato non è stato alterato o mediato da leggi elettorali maggioritarie. Governabilità? Tranquilli, sarà meglio di Spagna, Olanda, Belgio e Germania. Da noi un Governo nascerà presto, perché una delle quattro possibili alleanze, più o meno pelose, si verificherà. Vediamole, messe in fila, come fossero i soldatini di piombo della mia infanzia: 1 Renzi-Berlusconi; 2 Berlusconi-Salvini-Meloni; 3 Di Maio-Grasso; 4 Di Maio-Salvini.

Mettiamoci nei panni dell’establishment, quindi nei nostri panni: ai più è gradita la 1. In via subordinata, con determinate garanzie (cioè un Berlusconi dominante), anche la 2. Mettiamoci però anche nei panni dei cittadini comuni. Purché non esca la 1, Di Maio, Grasso, Salvini/Meloni (la maggioranza dei voti?), saranno disposti a fare qualsiasi compromesso, ormai si sono fatti furbi, sanno che, in caso contrario, incombe la minaccia del governo del Presidente (Paolo Gentiloni è lì in gattonesca attesa) o di nuove elezioni. Sarebbe mortale per loro fare la parte degli allocchi. Ingoieranno quello che c’è da ingoiare, ma si accorderanno. Il 5 marzo sarà un’elezione secca, da dentro o fuori. Dobbiamo rispettarla, tutti.

Per questo sono ottimista, i cinque i partiti in gioco, una soluzione la troveranno. Questo mi pare l’unico aspetto innovativo della mia analisi, più popolar-psicologica che politico-consolatoria. E sono pure ottimista, perché i cittadini hanno capito che queste elezioni sono paragonabili a quelle del 1948, ergo si recheranno in massa alle urne (ipotizzo oltre l’85%), e con questi numeri nessuno è in grado di fare previsioni, poi, a urne scrutinate, tutti dovranno tacere. Lo dico con cognizione di causa. Dopo il 1994 faccio parte di quella metà degli italiani, che i sondaggisti indicano come: “Indecisi, Schede bianche, Non votanti”. Io voterò, come ho sempre fatto, ma la decisione per chi, la prenderò nel tratto di strada tra casa mia e il seggio elettorale, al limite in cabina: non voglio sbagliare.

Mettiamoci nei panni dei nostri concittadini, escludiamo quelli ideologicamente schierati (sono sempre meno), in questi anni sono stati bombardati da analisi, giudizi, atti, politiche, dalle priorità e da risultati spesso, per loro, incomprensibili o imbarazzanti. Cosa fa un poveraccio (ne so qualcosa, lo sono stato per quarant’anni)? Accumula, accumula, accumula, poi di colpo trasferisce nella matita copiativa il vero o il percepito dei cinque anni trascorsi. Si comporta come le alici di Cetara. Il pescatore le mette in piccole botti di castagno, alternandole a strati di sale e con dischi di legno sui quali sono posti dei pesi, via via minori. Poi le preme e il succo cola, cola, cola, e il colore si fa via via più ambrato. Questo, noi establishment abbiamo fatto in questi anni verso i nostri concittadini, come possiamo pretendere che le alici non siano stanche e la colatura non sia salata? Allora che fare? Andiamo in massa a votare e incrociamo le dita.

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