L’esclamazione “Povera Francia” mi è uscita dal cuore dopo il dibattito fra Marine Le Pen ed Emmanuel Macron. Avevo programmato un Cameo di commento al dibattito tv, ed un altro al ballottaggio. Questo Cameo basta e avanza visto che uno dei due domani diventerà presidente.
Le Pen e Macron, pur in presenza di due giornalisti “tappettini”, si sono mostrati per quel che sono: due sopravvalutati. Chissà per quale associazione di idee mi è venuta alla mente una battuta di Giancarlo Pajetta su Enrico Berlinguer: “Enrico, giovanissimo, si iscrisse alla Direzione del Pci”. Come costoro, e uno dei due, domani si siederà sul trono che fu di Charles De Gaulle. Per onestà devo ricordare che andrà a sostituire l’impresentabile François Hollande, molte le probabilità che fra cinque anni, per motivi diversi, il suo ex assistente ed ex ministro, sarà giudicato nello stesso modo.
Davanti alla tv avevo tutto l’armamentario per l’ascolto, il registratore per studiare, in un secondo tempo, in versione mute, il linguaggio del corpo di entrambi, il block notes per gli appunti, la cialda di cioccolato Gobino (7 grammi), un goccio di Zacapa. A un certo punto ho capito che non sarei riuscito a fare alcuna analisi: avevo di fronte due adolescenti, uno partorito in un consiglio di amministrazione, l’altra rovinata dal padre castellano, che chissà per quale incrocio astrale, si sfidavano per diventare, pensa te, monsieur le President,, ovvero madame le President. Come ovvio, il pensiero è corso al generale De Gaulle: “La France ne peut être la France sans le grandeur”.
Nella seconda parte della serata, è subentrata in me una inattesa simpatia umana, sia verso Marine, sia verso Emmanuel, oggi adulti, in realtà due adolescenti. Sono tornato ai miei diciassette anni, quando con Amedeo, Michele, Roberto, discutevamo, come stavano facendo loro, dei massimi sistemi del mondo, lo facevamo nel nostro “agorà” torinese (una panchina sopravvissuta ai bombardamenti ai giardini Cavour), non sapevamo nulla, ma eravamo convinti di sapere tutto. Anche Marine ed Emmanuel nulla sanno della vita vera, oltre tutto hanno anche la sfortuna di essere ricchi, e ciò li penalizza. Purtroppo, per loro e per i francesi, le circostanze li costringevano a presentare una loro ricettina politica, e diligentemente l’hanno fatto. Macron con lo stesso trasporto con il quale si fa il the con le bustine Lipton: una verde, una gialla, due teiere d’acqua bollette, le immergi, e voilà. Le Pen in modo confuso. Fuffa versus incompetenza.
Votare per Macron significa votare per un mondo che dobbiamo augurarci mai si palesi, votare per Le Pen significa votare per un mondo che, per fortuna, mai più tornerà.
Se fossi francese che farei? Impossibile votare per un algoritmo californiano incrociato con un maggiordomo tedesco, altrettanto impossibile votare per un dagherrotipo color seppia, e allora non resta che chiudersi in cabina per esercitare un diritto: infilare la scheda intonsa, in attesa di tempi migliori. E’ il limite dei sistemi elettorali maggioritari, ove si possono presentare candidati palesemente inidonei, come in questo caso, e l’elettore deve scegliere fra due mediocrità, una certificata, l’altra non ancora. Il problema che ho avuto un anno fa come torinese. A febbraio 2018 sarà la stessa cosa, ma il proporzionale in parte ci proteggerà.
Immagino che la parte migliore dei francesi piuttosto di questi due preferirebbe un interim del Prefetto di Parigi, ma non è possibile, non sarebbe democratico. Povera Francia!