Complimenti a Recep Erdogan: ha dimostrato come in un paese della Nato sia possibile, con una mossa da rubamazzo, andare al potere e stabilire per legge di rimanerci fino al 2034, senza che gli altri compagni di merenda si turbino più di tanto, se non per invidiarlo. Per correttezza professionale, devo aggiungere, ci è andato democraticamente, perché ha fatto le mosse che tutti i governanti europei vorrebbero fare, senza avere il coraggio neppure di pensarlo. Essendo un cocco della Signora Merkel le sue presunte truffe elettorali sono state trattate dai controllori dell’Ocse con una locuzione di rara eleganza: “Gli scrutini non sono stati all’altezza degli standard europei”.
Queste le sue mosse geniali:
- All’inizio pareva una versione moderna del massone Mustafa Atatürk, poi un laico con sfumature islamiche, quindi un islamico con sfumature laiche, ora sembra un membro dei fratelli musulmani. Allora si muoveva con il supporto intellettuale (e i quattrini) di un suo compagno di merende, Fethullah Gülen. Quando quest’ultimo capì che Erdogan era peggio di lui, scappò in America, per salvare la pelle (non è detto che ci riesca). Dell’Europa, Erdogan non si preoccupa, ai suoi adepti già qua da noi ha assegnato una mission chiara: “Come minimo fate cinque figli, così li colonizziamo”. Si verificherà così la profezia di Oriana Fallaci?
- Quindi, attraverso elezioni successive, Erdogan si è impossessato del potere, tassello dopo tassello, infine, per dare la spallata definitiva, si inventò un colpo di stato da operetta: gli riuscì bene. D’un colpo si liberò dei magistrati, dei militari, degli apparati pubblici e privati non allineati; con i giornalisti scelse un metodo semplificato: la galera.
- L’unica statista globalizzata che abbiamo, la Signora Merkel, così feroce con gli amici, a ogni birbonata del compare Recep non va oltre il buffetto. Ovvio, grazie a Erdogan la Germania ha risolto i suoi problemi dell’immigrazione selvaggia, fingendo di non aver dovuto alzare alcun muro e non fare alcun blocco navale: il Califfo li fa per suo conto, in outsourcing, per 6 miliardi, e gli gestisce pure i campi di concentramento (saranno all’altezza degli standard europei?).
Se fosse un esodo di dimensioni epocali, come dicono i colti, non era meglio farlo sfogare attraverso le terre balcaniche piuttosto che costringere questi poveretti a guadare il Mediterraneo con pericoli mortali? Una domanda alla Signora. “Non crede che con 6 miliardi le due fazioni libiche troverebbero un immediato accordo e bloccherebbero l’esodo marittimo epocale verso la confusa Italia?”
Da anni c’è un aspetto che mi sfugge. Perché i singoli paesi dell’Europa, specie le loro élite, non si comportano da democrazie serie? Con voti in parlamento, con referendum popolari, permettano ai singoli popoli di decidere quanti migranti vogliono accogliere in modo dignitoso: quanti “rifugiati da guerre” (convenzione di Ginevra), quanti “economici”. E allora li si vada ad accoglierli in loco, con strutture statali (prudente tener fuori ong, coop bianche, nere, rosse, che trasformano sempre tutto in business): con i traghetti in Libia, con i bus al confine turco.
La politica sui migranti non può continuare ad essere una successione di chiacchiere da salotti radical chic, da talk show, da social, fra finti “buoni” e loschi “cattivi” (per costoro è comunque colpa degli altri) ma deve essere sempre e solo execution del potere statale. Si taccia, e ciascuno di noi si assuma le sue responsabilità, operando.
Riccardo Ruggeri