Quando mia mamma ed io rimanemmo soli (papà morì la vigilia di Natale del 1947, a 41 anni, lei ne aveva 38, io 13) il Natale divenne anche il nostro giorno del ricordo. Fin che visse, prima di Natale, lei, anarchica carrarina, mangiapreti, feroce antifascista e feroce anticomunista, voleva che facessi una promessa per l’anno a venire. E la facessi direttamente a Gesù adulto. “Non a Dio, perché Gesù ne sa di più, lui è vissuto sulla terra, come Maria”. La sua raccomandazione era identica: “L’umanità viene prima di tutto”. Grazie a lei divenni una persona perbene, e pure apòta.
Molti anni dopo, questo concetto (grezzo, ma profondo) di una donna che aveva dovuto abbandonare gli studi alla “Sesta elementare” (beneficiò della legge Orlando del 1904, per lei la mitica 6° fu una specie di master) l’avrebbe declinato, in modo sublime, un cattolico istintivo come Pier Paolo Pasolini.
Disse Pasolini: “… La tragedia è che non ci sono più esseri umani. Ci sono strane macchine che sbattono una contro l’altra …Tutti vogliono le stesse cose e tutti si comportano nello stesso modo. Quindi se mi trovo tra le mani un Consiglio di Amministrazione o una manovra finanziaria uso quelli, oppure uso una spranga. E quando io uso una spranga, io uso la mia violenza, per ottenere ciò che voglio. Perché lo voglio? Perché mi hanno detto che è una virtù volerlo. Io esercito il mio diritto, la mia virtù. Sono un assassino e sono un brav’uomo. Questa voglia di uccidere ci lega come fratelli sinistri, di un fallimento sinistro, di un intero sistema sociale, che fabbrica gladiatori, addestrati ad avere, possedere, distruggere …”.
Queste sublimi pietre-parole (che porto sempre con me) fanno parte dell’intervista data nel tardo pomeriggio del 1° novembre 1975 a Furio Colombo de La Stampa. Poche ore dopo sarebbe stato ucciso nel buio del Lido di Ostia. Per me, furono la base di partenza per capire quello che sarebbe successo alcuni lustri dopo, con la caduta del muro e la nascita del CEO capitalism.
Le felpe californiane e i gerarchi cinesi, oggi asserragliati nelle loro Città Proibite, altro non sono che i “gladiatori” profetizzati da Pasolini. Perché quando si sceglie, culturalmente, che sul palcoscenico della vita umana debba esserci non più la “persona”, non più il “lavoratore”, ma il “consumatore”, quando il “monopolio” della produzione e della logistica è affidato a un pugno di esaltati, si è imbroccata una strada senza ritorno, quella della dittatura di un’ottusa minoranza di “gladiatori” sulle persone perbene. Ti rendono schiavo facendoti innamorare della schiavitù attraverso una criminale informazione che ti “somministrano”, come dice quello, con grande perizia.
Trent’anni di CEO capitalism ci hanno ridotti a vivere in un tempo sospeso, minacciati, ora, da due pestilenze, quella gialla del virus di Wuhan e quella verde dell’ambiente. Ma c’è una terza pestilenza che si sta diffondendo a macchia di leopardo, questa ben più terribile perché culturale, comunicazionale, e legata al potere dominante, quella dei gladiatori della C&WC (Cancel & Woke Culture). Costoro, autentici nazisti dell’anima, puntano al bersaglio grosso, trasformare i cittadini in schiavi, da relegare, in lockdown perenni, sui rispettivi divani di cittadinanza. E’ il mondo Amazon che ci attende.
Stiamo cedendo via via libertà, dignità, umanità, in cambio di quieto vivere nel gregge digitale. Confesso che a volte mi pare di vedere sullo sfondo, in filigrana, il sorriso beffardo della statua di Hitler, “Him”, nella versione di Maurizio Cattelan.
Verso mia mamma, mio papà, prendo un impegno per il 2022: come scrittore, come giornalista, come editore. Su temi artificiosamente divisivi (in rapido aumento) che possano lacerare il nostro vivere civile, rifletterò a lungo e, se del caso, scriverò solo parole di cui non debba mai pentirmi. Buon Natale!
Zafferano.news