Mestre batte Venezia 2 a 0

In mancanza di altri lavori, idonei per un vecchio signore come me, anni fa decisi di buttarmi (mai verbo fu più appropriato) nell’analisi politica, economica, comunicazionale. Non possedendo neppure i rudimenti basici di questa professione, non disponendo neppure di uno straccio di ideologia (ero e sono un liberale “semplice”, non interessato né a farmi intruppare in cosche, né fare ridicolo proselitismo), cominciai a scrivere Camei, applicando i processi mentali, le tecniche, le modalità di quello che era stato il mestiere della mia vita: analisi strategica dei business e relativa execution. Esercitando al contempo una curiosa passione per lo studio dei comportamenti organizzativi dei leader, che mi arricchisce e mi devasta la vita dagli anni ’60, il decennio dei sociologi d’accatto.
Scoprii che la “Rete” è sì utile per scrivere correttamente i nomi stranieri e porre gli accenti giusti, ma ho scoperto che per me è molto più utile per capire l’umanità che mi circonda. Esattamente come succede nella vita, in mezzo a quantità industriali di paccottiglia (copyright D’Alema), ci sono autentiche perle. Per esempio, da qualche tempo leggo ciò che scrive un giovane economista di Mestre, specializzato nel mondo del tessile-abbigliamento (il mondo ove opera l’azienda della mia famiglia), e trovo le sue analisi, e il modo con le quali le espone, impeccabili. Pur non conoscendolo personalmente, gli ho chiesto l’autorizzazione di riprendere una sua analisi: la potete leggere sotto. Dal mio mostruoso archivio cartaceo, sempre più aggredito dalle polveri sottili del tempo, ho tratto le dichiarazioni fatte in un convegno internazionale in quel di Venezia, prima del referendum inglese, da due pezzi da 90, Mario Monti e Sergio Marchionne, due miti dell’epoca attuale. Questi, dall’alto della loro dottrina ed esperienza internazionale, ipotizzavano scenari sconvolgenti per l’Europa, e soprattutto per il Regno Unito, se si fosse verificata la Brexit. In appena 1.800 battute lo sconosciuto Francesco Pontelli (non me ne voglia, è un complimento) ci fa capire come è andata nella realtà: Mestre batte Venezia 2 a 0.

“Subito dopo la Brexit scrissi che avrei atteso qualche settimana per valutare le conseguenze della uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea. Parlai della fortunata sintesi di tre fattori:
1. Già nel 2015 Cameron aveva stanziato 200 milioni di sterline, inventando il “reshoring produttivo” che avrebbe riportato in UK quote di produzione all’interno del perimetro inglese con ampie ricadute positive occupazionali e quindi di Pil (globalizzazione all’incontrario).
2. A questa scelta strategica, della quale va riconosciuto il merito al primo ministro dimissionario, si aggiunge la svalutazione della sterlina, che per ora rende più competitivo il sistema industriale ed economico di UK
3. L’importanza di questo fattore risulta collegato al punto 2. Infatti, il debito pubblico inglese è 89 %, quindi la sterlina non svaluta per mancanza di acquirenti dei titoli del proprio debito, ma per incertezza degli operatori, relativamente alle conseguenze della Brexit.
Questo determina per ora una sintesi favorevole di questi tre fattori, ai quali dovrà seguire una forte politica di incentivazione ed investimento nei sistemi produttivi ed industriali. E questo sia di monito per i nostalgici del ritorno alla lira. Per due motivi.
1. UK non è mai entrato nell’Euro quindi la valenza finanziaria dell’uscita risulta minore rispetto ad una possibile uscita dell’Italia.
2. L’Italia ha un debito al 132,7 % circa 2.250 mld €, con un Pil di appena 1.650. Provate a convertirli in lire, poi andate a Francoforte a negoziare i termini del rinnovo dei titoli in scadenza ( ogni due settimane circa ). Gli interessi e i costi del rinnovo dei titoli saranno in crescita o in diminuzione?

Questo dimostra come la favola del ritorno alla lira sia un argomento da bar privo di ogni supporto economico Altrettanto vale per il caso Brexit, a dimostrazione delle favole che ci raccontano gli uomini mito. Per fortuna, il popolo li sa valutare per quello che sono: uguali a noi”.

Francesco Pontelli

 Chapeau, caro Pontelli, immagino che lei sia messo ai margini della nomenclatura economica imperante.

www.riccardoruggeri.eu
@editoreruggeri

Comments are closed.