Cominciamo a vivisezionare il fascistoide mondo di Silicon Valley

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Si succedono le recensioni del libro di Jonathan Taplin dal titolo chilometrico: “Move Fast and Break Things. How Google, Facebook and Amazon Comered Culture and Undermined Democracy (Little Brown & Company, 15 €). Lo fa pure Taplin stesso sul New York Times. Nei cinema arriva The Circle. Scritto e diretto da James Ponsoldt, racconta le ossessioni fascistoidi del mondo di Silicon Valley. Era ora che gli intellò si svegliassero.
Il libro non dice nulla di nuovo sull’ormai noto pericolo mortale che stiamo correndo, stante la concentrazione di potere in Silicon Valley. Chi questa minaccia l’aveva colta dieci anni fa sapeva come sarebbe andata a finire, pur non immaginando che i quattro big di Wall Street, Exxon, General Electric, Citigroup, Shell sarebbero stati brutalmente sostituiti da Apple, Google, Amazon, Facebook (Microsoft l’aveva già fatto). Ma l’aspetto inquietante era ed è che solo ora ci accorgiamo come queste aziende-piattaforme fossero strategicamente pericolose, perché concepite come monopoliste.
Taplin è stato un testimone oculare del processo di trasformazione cultural-politico dei baroni di Silicon Valley. Spiega, bene, come costoro siano passati dalla controcultura californiana anni Sessanta, poi alla cultura liberal, quindi a quella ultraliberista di Ayn Rand. Confesso che come uomo di execution sono poco interessato a tali teorie, in qualche modo ispirate dall’inquietante guru anarco-capitalista Peter Thiel (curioso che Trump se lo sia portato alla Casa Bianca, farà pendant con il “giovane ragazzo” Kim Jong?), mentre sono felice che questo mondo californiano incominci a essere vivisezionato. Mi sfuggiva questa inazione del giornalismo d’inchiesta su aziende oltre tutto nemiche giurate della stampa.
Ci vorrebbe un Erik Larson che descrivesse questo mondo e i suoi gerarchi, come fece con il Giardino delle bestie, raccogliendo gli appunti dell’ambasciatore americano a Berlino negli anni Trenta William E. Dodd. I paralleli sono inquietanti, identica l’evoluzione dei gerarchi nazisti che, secondo Larson, solo nel ’39 diventeranno criminali. Taplin sostiene che il cambio di verso di Silicon Valley sia avvenuto nel 2004, con la quotazione di Google. Nel momento in cui diventa un’azienda-piovra cambia la sua filosofia, la sua mentalità, i suoi comportamenti organizzativi.
Come cacciatore di segnali deboli da anni ho scelto di studiare i comportamenti organizzativi di un’azienda minore (Uber), ma per me centrale, l’ho fatto attraverso il suo ceo Travis Kalanick: tutti lo definiscono uno senza scrupoli, vero, ma almeno lui è sincero. Il suo modello di business è talmente estremo che può essere gestito solo con i suoi metodi.
Questi libri su Silicon Valley sono straordinari nell’analisi, deboli nelle proposte: si va dall’acqua fresca al brodino caldo, in genere banali seghe mentali. Trattandosi di una serie di carcinomi (per noi liberali nature i monopoli sono cancro, punto) ognuno dovrebbe avere la sua cura. Ci saranno quelli da smantellare (Google ha l’88% del mercato dei motori di ricerca, Amazon il 74% delle vendite on line, Facebook il 77% delle reti sociali), come fece il presidente conservatore Theodore Roosevelt con J.P. Morgan e con John Rockefeller a inizio ‘900. Ci saranno quelli che dovranno cambiare modello di business: gli utenti hanno il diritto a pagare il servizio richiesto e non averlo gratis, sottraendo però loro beni personali: vale l’immortale principio napoletano ‘cca nisciuno è fesso. I loro leader dovranno essere trattati come cittadini normali: chi si rifiuta di collaborare con la giustizia va in galera (leggi Tim Cook di Apple e i terroristi di San Bernardino), chi compie reati deve essere processato (leggi Steve Jobs, da vivo), chi evade le tasse viene espulso dal vivere civile, etc.
C’è un aspetto positivo: secondo Brad Stone di Bloomberg News: i giovani hanno capito che i baroni di Silicon Valley sottraggono loro il lavoro, cominciano a non ammirarli più, ne colgono i pericoli, temono personaggi come Kalanick, come Zuckerberg. Sono certo che la generazione nata dopo il 2000, i miei nipotini, ci salverà da costoro, rifiutando sia il declassamento a cittadini-consumatori, sia il fascistoide reddito di cittadinanza. Loro vorranno lavoro, meritocrazia, dignità.

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