Rassegna Stampa del Cameo

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“I padroni delle Ferriere (4.0) si scontrano con i dipendenti (1.0)”. Il titolo è mio. I casi Ikea, Amazon e similari erano stati mascherati da normali scontri sindacali, trascurando il fatto che nel mondo magico del ceo capitalism il protocollo che sovraintende a quelle un tempo battezzate come relazioni sindacali, non prevede alcuna struttura di intermediazione, ma un banale rapporto di sudditanza dei dipendenti verso il padrone. Devo riconoscerlo, essendo stato operaio Fiat negli anni Cinquanta le modalità di lavoro (a cottimo) erano identiche alle attuali, ma non le retribuzioni (guadagnavo il 30-50% in più di un tramviere o di un impiegato comunale), la copertura sanitaria aziendale, la mitica Mutua Fiat (paragonabile oggi a quella delle migliori cliniche private), i benefit sociali (le colonie estive per i miei figli, le borse di studio, etc.), la garanzia del posto di lavoro (spesso trasferibile ai figli) contemperavano la durezza del lavoro. Mai ci sentimmo zombie (come i galoppini di Foodora o i driver di UberPop), perché la dignità del lavoro era garantita, l’ascensore sociale funzionava alla grande (Dei 6 membri del mitico Comitato Direttivo della Fiat 3 eravamo o ex operai o figli di operai Fiat, e tutto il potere esecutivo era nelle nostre mani) . A cinquant’anni un operaio Fiat non cicala poteva comprarsi un alloggio in periferia e mandare i figli all’Università.

O’Leary, Ceo di Ryanair, con la sua lettera ai dipendenti e automatica minaccia di licenziarli se scioperano, è stato onesto, ha applicato alla lettera il principio base del ceo capitalism: far lavorare molto i dipendenti, pagarli poco, minacciarli di sostituirli con gli immigrati”. Perché stupirsi?

“Agghiacciante, nauseabondo, cialtrone, osceno”. Sono alcune delle valutazioni (cito solo quelle estreme) al mio Cameo pubblicato ieri su Italia Oggi “Ecco le tre domande che avevo posto a Salvini ….”. Provengono da lettori all’apparenza della Lega e di Fi, postati su Twitter o alla mia mail personale. I lettori hanno sempre ragione, sbagliato rispondere singolarmente, chi scrive sui giornali non deve arrogarsi un diritto di replica agli insulti, prende e porta a casa: è un principio di democrazia al quale mi attengo da sempre. Ergo mi taccio, come ovvio sottoscrivo tutto quello che ho scritto e quanto detto nella lunga intervista data ieri a Radio Padania, quanto ho risposto al tweet di Claudio Borghi.

Ciò detto, come analista non riesco a disegnare uno scenario nel quale i quattro principali raggruppamenti Berlusconi/Salvini/MeloniDi MaioRenziGrasso possano governare da soli: alleanze si imporranno. L’establishment “pretende” un governo Renzi/Berlusconi, su questo tutti gli analisti convengono, e puntano su un premier di sistema (o di regime, vedete voi) tipo Gentiloni o Calenda. Non credo che Salvini e Meloni l’accettino, ma decideranno loro. Lo sapremo presto, quando si riunirà il tavolo a tre per definire i candidati unitari del centro destra nei collegi uninominali, ovvero a marzo, il giorno dopo i risultati. Aspettiamo, sereni.

Quel che è certo in questi tre mesi ci divideremo alla grande, ciascuno di noi seguendo suoi personali criteri, per prima lo ha fatto la “famiglia” dell’editoriale Espresso-Repubblica, così la stessa Famiglia proprietaria, come emerso dalle lettera inviata, via Foglio, da Franco Debenedetti al fratello Carlo e a Eugenio Scalfari: è la democrazia, bellezza.

“Quelle campane non disturbano il sonno”. C’è voluto il Tribunale Federale di Losanna a cassare sentenze dei Tar (anche la Svizzera li ha) e a stabilire che i rintocchi ogni quarto d’ora, 24 ore al giorno, della campana della Chiesa Riformata di Wädenswil (Zurigo) sono compatibili con la vita dei cittadini. Il rispetto degli usi locali prevale, ha detto l’Alta Corte, dopo aver premesso che il diritto alla tranquillità assoluta durante la notte non esiste, tutti devono tollerare alcuni disturbi. Silenzio.

“A Famiglia Cristiana i giornalisti per fermare i tagli fanno sciopero della fame e dell’ostia”. Al rifiuto dell’ostia come strumento sindacale non ci ero ancora arrivato.

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