1 “Mail dalla California del professor Codevilla”. Caro Riccardo, la storia del Black Friday in Italia di cui hai scritto mi ha proprio sorpreso. Come può essere che l’Italia sia stata inoculata da questa follia? Almeno in USA c’è il Thanksgiving, venerabile festa culturale, che tradizionalmente segnala l’apertura della stagione natalizia. Trent’anni fa, i negozi cominciarono le loro campagne commerciali il giorno dopo. E’ comprensibile innestare un aspetto commerciale su un tronco culturale. Ma in Italia? Black Friday senza Thanksgiving?
Perché? Da quando?
Caro Angelo, a poco a poco siamo diventati un popolo servo, oggi delle Big Five, domani della Cina. Leggi sotto.
2 “Antitrust: la tassa Airbnb danneggia i consumatori. Airbnb esulta”. Consiglio una lettura minuziosa di questa pronuncia. I ragionamenti usati sono uno dei momenti più alti della sudditanza intellettuale alle Big Five, usando il linguaggio colto della burocrazia eunuca. Quelli dell’Antitrust (sic!) fingono di essere d’accordo con il Governo ma lo bocciano per ragioni di forma: ipocrisia allo stato puro. Chapeau alle lobbying californiane per il lavoro fatto. Però, per certi versi è un fatto positivo: nella cabina elettorale anche le sconcezze monopoliste faranno brodo.
3 “Il generale dei carabinieri che divide la destra”. Un generale eletto Premier? Un’idiozia politica. Quando ritengono che ce ne sia bisogno, i generali il potere se lo prendono da soli, con un putsch, mai con la scheda elettorale. Certo, siamo talmente mal ridotti che quasi metà degli italiani, esasperati, accetterebbero un putsch, certo lo preferirebbero dolce, di breve durata, meglio con un generale dei carabinieri (e Silvio l’ha percepito).
4 “Voltafaccia tedesco salva il glifosato, ira italo-francese”. Ridicola l’ira di Macron e di Gentiloni. Il glifosato è da sempre il prodotto più redditizio di Monsanto e Monsanto è stata appena acquisita dalla tedesca Bayern. Per favore, non prendeteci per idioti integrali, conosciamo i tedeschi, e pure voi.
5 “Rohingya non è parola proibita in Vaticano”. Ovvio, ma il Papa la potrà usare a Rangoon? Sarebbe un problema, sia se lo facesse, sia se non lo facesse. Infatti il nome dell’etnia non l’ha mai pronunciata, si è limitato alla solita locuzione sui diritti umani. E bene ha fatto.
Per quel che vale (nulla) regalo ai monsignori assistenti del Papa una riflessione di un cattolico comune, rigorosamente “non adulto”. Appena lo sentii parlare capii che dovevo distinguere fra le due personalità che c’erano in lui, e ci sono in ciascun uomo, Papa compreso. Sempre distinguo il Papa quando parla come Francesco (totale è la mia condivisione) o come Bergoglio (ascolto, ma mai con supina condivisione).
Ebbene il viaggio in Myanmar ha avuto un altissimo contenuto geopolitico, è stato delicatissimo, e propedeutico a quello in Cina, quello che connoterà questo papato. La Cina è il prossimo padrone del mondo, e la Chiesa l’ha capito prima di tutti. Il futuro della Chiesa è in Cina, non certo nell’ormai debosciato Occidente. I gesuiti l’avevano capito molti secoli fa. Il compito assegnato a questo Papa è portare la Chiesa in Cina, per questo ci è andato Papa Francesco (Papa Bergoglio è rimasto a Roma).
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