A TORINO IL MERCATINO DOVE CI SI SCAMBIA LA POVERTA’

A Torino c’è, da sempre, una zona, a un centinaio di metri dal Palazzo del Comune che, per usare il linguaggio delle assemblee condominiali, presidia le “varie ed eventuali” della vita cittadina. Per i torinesi doc (ormai un’infima minoranza) si chiama Porta Pila, per i forestieri digitali di Airbnb è conosciuta come Porta Palazzo. Pare sia il mercato a cielo aperto più grande d’Europa, da un lato frutta e verdura, dall’altro stoffe e vestiario che Guido Gozzano così ingentiliva “.. oltre a stoffe e nastrini vivono, si incontrano, si scontrano Europa, Africa, Asia”. Da ragazzo qua compravo le lamette da barba dei cinesi, non valevano nulla (ogni rasatura, un paio di tagli) ma costavano poco. In mezzo ai due spicchi del grande mercato, continua a passare il tram di allora, solo infinitamente più lungo.

Nelle zone adiacenti, altri piccoli mercati multitasking, che sarebbe più corretto chiamare simil suq. Porta Pila è un microcosmo multietnico in purezza, qua c’è tutto e di tutto ma, per fortuna, non alberga il razzismo. Con il tempo il colore della pelle dei suoi abitanti si è fatto uniforme, come se i tanti colori iniziali, così diversi, si fossero addolciti, quindi integrati al luogo, ai tempi, alle persone. Qua convivono i taxi bianchi regolari, a disposizione di tutti, e quelli neri riservati ai soli abitanti di Porta Pila, illegali ma legalizzati con il silenzio-assenso dei tassisti bianchi. Nessuna lite fra le due tipologie di taxi, perchè soddisfano due diverse tipologie di mercato. Anni fa la cosmopolita Uber era stata invece espulsa a suon di botte. Ben gli sta, dissero i tassisti, sia bianchi sia neri: non rispettava le regole di mercato di Porta Pila.

E’ come se a Porta Pila fosse nata, sedimentata dal tempo e dagli incroci, una nuova etnia, dal colore indefinito, io lo chiamo “Color Porta Pila”. Il giallo si è incupito, il nero si è rabbonito, il bianco sta ormai andando, grazie ai tannini, verso il terracotta. Via via l’etnia di Porta Pila rassomiglia ai popoli amazzonici, se continua così presto verrà riconosciuta dall’ONU e messa fra quelle da salvare.

Porta Pila è ormai l’unico luogo al mondo, neppure Silicon Valley può competere in questo con lei, ove le teorie settecentesche sul mercato di Adam Smith siano sopravvissute al suo maestro. Qua allo Stato hanno imposto le regole di Smith: 1) Stia fuori da Porta Pila; 2) Niente tasse (se non le paga Amazon …); 3) Si occupi solo di opere pubbliche. Ma, soprattutto non rompa. E così Porta Pila va, qua si negozia tutto, anche la povertà.

Torino infatti si è inventato il mercatino delle povertà, sono poveri sia chi vende sia chi compra, si chiama “il Barattolo”, è ubicato in un luogo adiacente a Porta Pila. Fino all’anno scorso erano i poveri che, disperati, dai cassonetti ricuperavano oggetti e partecipavano al riciclaggio, applicando agli ultimi i principi dell’economia circolare. Il Virus di Wuhan ha fatto saltare anche questo miserabile modello di business. Ora la povertà è galoppante, ha cambiato la provenienza degli oggetti in vendita, aumentato il mercato della povertà, sono arrivati i penultimi, stanno lottando per non diventare ultimi, mentre questi cercano di risalire a penultimi. Il pettine sta arrivando ai nodi, ma il fine corsa ancora non si intravede. In questa seconda ondata, le persone aggredite dalla povertà virale stanno portando al “Barattolo” persino le foto dei loro vecchi, appena morti nelle RSA, oggetti che si erano tenuti stretti per tutta la vita, brandelli di un tempo che fu. Qua scambiandosi le vecchie fotografie, ci si scambia anche l’identità?

Il crollo dei redditi, e il contemporaneo aumento della disoccupazione, un tempo processi lenti, quindi ricuperabili, si stanno invece velocizzando, diventano digitali: on/off. Povera Torino, ti hanno rubato la Fiat facendoti credere che saresti diventata global, ora non sei neppure più local, loro hanno tagliato la corda, dispendendosi nelle ZTL del mondo, tu ti stai aggrappando all’ultimo mercato che ti è rimasto, il “Barattolo” di Porta Pila, la Wall Street della povertà operaia.

Buon Natale, cara vecchia Torino e Buon Natale ai miei vecchi ex colleghi.

Zafferano.news

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