SE MI INVITANO IN TV PER “ZAFFERANO”, COSA MI METTO?

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Il 16 febbraio lancio sui social il Protocollo Zafferano. A lui ho dedicato gli ultimi anni della mia vita e le energie rimaste. Mai avrei immaginato che il contesto di lancio fosse così teso, la lotta politica fosse così sopra le righe. Ma tant’è, nessuno di noi può prevedere i zigzag della natura (il lampo, le faglie, l’onda triangolare) figuriamoci la politica politicante. Anzi, adesso che ci penso, può essere utile a un oggetto serio e scanzonato come Zafferano, concepito per i giovani, per i diversi, per una visione calda della vita e che ha aiutato me a evitare che l’invecchiare diventasse una sgradevole attività. Curioso poi questo giochino adolescenziale di creare suspense su un oggetto come Zafferano in un momento becero come questo.

Ho confessato in un tweet che sono eccitato come un quindicenne, felice come un ottantenne. Amici che mi vogliono bene mi hanno detto: “Il Protocollo non è male, potrebbero addirittura invitarti in tv a raccontarlo, tieni presente che su piazza non c’è un apòta doc come te, una delle poche voci fuorisacco del giornalismo italiano, potresti persino fare audience”. E poi, “Interessante il tuo podcast di lancio ascoltato in anteprima, ha ragione la tua nipotina quindicenne: in tarda età ti ritrovi una voce da dj radiofonico”.

Sono entrato in crisi, una domanda mi si è conficcata in testa, e ha cominciato a logorarmi, mi ripeto, eccitato: “Se mi invitassero sul serio in tv (che so Maglie Rai 2, Berlinguer Rai 3, Porro Mediaset, Gruber La 7), cosa mi metto?”

Ho chiesto a mio figlio, giuro è un competente, opera da anni nel business dell’alta moda, ha sorriso: “Mettiti le solite dolce vita che indossi da sempre, da quando hai deposto la divisa da Ceo di multinazionali (giacca nera, camicia azzurra, cravatta di Marinella), se vuoi dare un tocco vintage mettici sopra una camicia, come facevi negli anni Settanta, quando eri un travet Fiat, noi eravamo adolescenti, però ci piacevi tanto. Oltretutto ora è un’accoppiata tornata di moda”.
Certo mi piaceva e mi piacerebbe, ma lui non sa che allora quello era il look del playboy “faccia da schiaffi con Alfa Duetto”, caricava solo giovani donne meravigliose, con capelli scompigliati dal vento. Di quel mondo io potevo permettermi solo la dolce vita finto esistenzialista e una camicia di cotone egiziano, non il resto.

Però se metto la dolce vita mi ritrovo classificato fra gli intellettuali-opinionisti dai curricula mostruosi (li leggi e ti chiedi, perché quello non è ministro dell’economia? Perché quell’altro non ha il Nobel? Sanno tutto.). Il mio curriculum nel mondo di oggi è una ciofeca: tutto execution, non uno straccio di teoria economica. In rete c’è chi conosce tutti i curricula del mondo, per lui sarà una bazzecola scoprire che, se ricordo bene, potrei avere solo la licenza elementare, oltretutto rilasciata dal Regno d’Italia, per cui forse non vale neppure, stante che ora c’è la Repubblica. Ho anche il certificato di laurea, incorniciato in legno di quercia, della Loyola University di Chicago in Laws (quel plurale, mi dicono è raro) però non conta, perché è honoris causa (certo, l’arrivo di un gesuita al soglio pontificio l’ha un pò rivalutata).

A differenza degli intellò, non ho nessuna dolce vita di quelle pregiate (passano da un anello), rifiuto il nero iconico che fa tanto Steve Jobs, così il bianco totale (con i miei capelli, bianco su bianco fa a pugni), le ho di molti colori, ma non senape, peccato, oggi è il top. Mi sa che ne indosserò una blu scuro, anni Ottanta, con sopra una camicia azzurra, mentre rifiuterò l’idea di Gabriele Pasini di mettere il gilet in luogo della camicia (non voglio grane con un inviperito Emmanuel Macron). Punterò tutto sulle scarpe di Rick Owens, alte, flosce, nere, con suole candide, cercherò di arruffianarmi il cameramen, perché mi riprenda dal basso.

Ma poi, perché travestirmi da “competente”, da intellettuale, visto che non lo sono? Se leggono questo Cameo lo scoprono, in tv non mi inviteranno certo. Forse meglio così. Il Protocollo Zafferano, se vale, avrà successo senza spinte, se no sarà un flop. Siamo o no in un’economia di mercato ove conta solo il merito? E allora, merito sia. Prosit!

riccardoruggeri.eu

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