“UNA GABBIA ANDÒ IN CERCA DI UN UCCELLO”: PARLARE DI CORRUZIONE CON UN GIOVANE MAGISTRATO

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A cavallo di Ferragosto è venuto a trovarmi un giovane magistrato, figlio di un’amica cara. Voleva conoscere il mondo vissuto da un ultranovantenne come me, sopravvissuto agli osceni mondi del fascismo, del comunismo, del cosmopolitismo patrizio, con un pensiero libero e indipendente. Le due versioni patrizie del cosmopolitismo stanno battagliando, da sempre, sul tema giustizia, in quanto i primi sono convinti che i magistrati non siano per nulla indipendenti, ma siano parte integrante dei secondi.

Il giovane magistrato XY (quando uso questa sigla, la segretezza è assoluta) aveva letto alcuni miei libri, in primis Il Processo di Achille K. Un libro che racconta, con la tecnica (protettiva) del romanzo distopico, una storia che sembra vera (e se lo fosse?). Una storia sconvolgente per Achille K., imbarazzante per la Giustizia e che impalerà il Patriziato nella sua criminale gestione del potere.

XY voleva conoscere il mio pensiero sull’evoluzione, post Mani Pulite, della corruzione patrizia di alto standing. In particolare gli interessava l’esperienza da me acquisita nel vivere e nell’operare come CEO di multinazionali, per ben tre lustri anche nel mondo anglo americano. E aver ricevuto una (rara) laurea Honorary Degree in Laws dalla prestigiosa Loyola University di Chicago. Fucinasecondo lui, di celebri avvocati penalisti e futuri membri della Corte Suprema.

Ho premesso che l’esperienza accumulata nei miei primi quarant’anni trascorsi nel mondo popolare e i secondi cinquanta trascorsi nel mondo patrizio internazionale, mi hanno convinto che l’assoluta indipendenza dei magistrati è oggettivamente impossibile, e il CEO capitalism ha ormai risolto tecnicamente il problema della corruzione, assorbendola, “privatizzandola, nei suoi protocolli. Quindi, quasi impossibile da scoprire.

In questo senso, la Costituzione americana è la meno ambigua, prevede che le nomine dei nove Giudici Supremi siano fatti dal Presidente, quindi dalla politica, e che siano a vita. Così come prevede che i Pubblici Ministeri siano eletti dai cittadini, alla pari del Sindaco. Così come i “Lobbisti”. che si aggirano come lupi famelici negli anfratti del Congresso, devono essere tutti “certificati” dalla politica (sic!).

Gli ho raccontato un certo numero di episodi vissuti come CEO di una multinazionale euro-americana, con alcuni flash sulla Famiglia allora proprietaria, disegnando alcuni scenari, tipo:

1 Il ruolo chiave che ha lo Stato del Delaware nella cultura giuridico-fiscale del paese.

2 La gestione dei rapporti fra CEO di aziende concorrenti con procedure di controllo sul pericolo di “possibili cartelli” talmente stringenti e apparentemente cervellotiche che, se si sanno “ben interpretare”, passano dall’essere anziché un vincolo, un’opportunità per delinquere. Gli ho illustrato un paio di episodi vissuti che esplicitavano il concetto.

3 Sul ruolo che hanno i “lobbisti” nella catena decisoria “imprenditori-funzionari-politici”. In un mondo serio, il miglior “lobbista” sarebbe interno all’azienda, ed è o il direttore marketing o quello dell’innovazione, ma si guardano bene dall’usarlo, preferiscono, per ovvi motivi, un “sicario” esterno certificato dagli stessi, dei quali è strumento.

4 Quando arrivai per la prima volta in America alla fine dei Settanta, la modalità corruzione a mezzo “valigetta con contante” stava finendo, mentre in Italia spadroneggiò fino a fine secolo. Da noi il top lo si raggiunse ai tempi di Mani Pulite, con la scena del super-imprenditore che con la sua valigetta 24 ore contenente il mitico miliardo cash entra nel mitico palazzotto, dove fu concepita la mitica “questione morale berlingueriana”, e ne esce senza, sollevato.

Comunque, le nuove tecnicalità di corruzione (“pagare” la tangente anni dopo che l’evento corruttivo era stato psicologicamente praticato, spesso con modalità diverse dal denaro) quindi con la certezza che la stessa non può più essere provata. In America ci sono casi eclatanti: celebri personaggi che anni dopo aver abbandonato certe posizioni riescono a costruirsi improbabili patrimoni, tutti alla luce del sole, e pagandoci pure le tasse (mitici!).

A fine giornata XY ha convenuto sulla mia analisi prospettica. L’attuale corruzione 5.0, figlia di un CEO capitalism ormai maturo, quindi disinvolto, non può più essere avversata da una magistratura e da un codice penale strutturato per un mondo ormai scomparso. Il tintinnio di manette non è più praticabile, inutile perseguire il singolo colpevole, men che meno arrestarlo. Il colpevole non è più un “essere umano” ma un “Sistema”, con un suo hardware, un suo software, una sua immagine pubblica, una sua stampa devota. Con Azionisti Avatar neppure registrati nel Libro dei Soci.

Un “Sistema” strutturato per declinare, in un’ottica potenzialmente criminale, parole e locuzioni apparentemente comuni, come “discrezionalità”, “relazioni”, “deroghe”, “potere culturale”, “connivenza”, “disattenzione”, “pigrizia burocratica”, “reti di influenza”, “canali ufficiosi”, “terzi compiacenti”, “suggestioni socio-architettoniche, “spolverata di sociale” che, assemblate acconciamente, configurano processi decisionali predisposti alla corruzione 5.0, ove il do ut des viene spostato nel tempo e nel tipo di contropartita.

Gli studi trentennali fatti su IDEA e sui suoi “Tabernacoli” sono stati fondamentali per delineare i contorni strategici di questi scenari. In questo senso, ho usato, per il titolo, una locuzione di Franz KafkaUna gabbia andò in cerca di un uccello”. Alcuni hanno definito l’aforisma kafkiano oscillante fra i due poli dell’apodittico e dell’enigma, sottolineando che possiede la lievità di un koan buddista.

Sono convinto che il giovane magistrato abbia capito ciò che la frase di Kafka, fuor di metafora significa: “Oggi, corruttori e corrotti non sono più persone ma sistemi, e per disvelarli occorre volare sempre più in alto, là dove neppure gli occhi miopi di vecchi falchi corrotti lo possano raggiungere”. Lo farà?  1.continua

Zafferano.news

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