Quando prendo in mano The Economist mi sento di colpo un parvenu. Inconsciamente mi chiedo “chi sono io per fare un’analisi su ciò che dice Lui?” Infatti cerco di minimizzarmi, mi spaccio per “analista popolare”, popolare nel significato di chi vive a contatto con il popolo, ne fa parte per diritto e per censo, avendo l’approccio contadino alla vita, quello che ogni mattina, all’alba, ti fa aprire la finestra, guardare il cielo, e in base a ciò che vedi, e prevedi, programmi la tua giornata. Una differenza radicale rispetto a quelli, per esempio credono a The Economist, che al risveglio accendono la tv e l’iPhone, e il tempo che c’è fuori lo scoprono dalla App Meteo. Posso osare, popolari noi, illuminati populisti loro?
Ciò premesso mi butto, commento il non commentabile, questa sua perla di saggezza, detta purtroppo con almeno un decennio di ritardo: “I proponenti della globalizzazione, compreso questo giornale, debbono riconoscere che i tecnocrati hanno commesso errori e la gente comune ne ha pagato il prezzo”. Quel “comune” mi ha commosso per la sua generosità.
A prima vista sembrerebbe un’autocritica degli scrivani del Faraone sull’idea che avrebbe dovuto cambiare il mondo, la globalizzazione (“mondializzazione felice” la chiamò Alain Minc, una fesseria che fa da pendant con “decrescita felice”). Ora, dopo il suo fallimento, cercano di dare la colpa a funzionari, spregiativamente detti “tecnocrati”, pur avendo studiato nelle stesse loro università, fattesi via via sempre più madrasse (Allan Bloom lo aveva previsto 40 anni fa). E’ anni che non si capacitano come e perché il giochino globalizzazione, uccidendo l’ascensore sociale abbia mostruosamente arricchito loro e impoverito tutti gli altri.
L’amico Stefano Cingolani sul Foglio ha fatto uno splendido racconto su come è andata, riporta le analisi attuali delle figure mitiche della globalizzazione, che adesso cercano un riposizionamento. Il peggiore in assoluto (per me Bill Clinton, il Paco Escobar della droga economica), ha la spudoratezza di affermare “la globalizzazione dovrebbe essere rifatta partendo dal basso”. Lo confesso ciò che mi irrita in questi leader è che si riempiono la bocca, in continuazione, di due parole nobili, “mercato” e “meritocrazia”, ma si guardano bene di applicarle quando loro sono coinvolti. Il mercato si gestisce secondo regole rigide, la meritocrazia ne è la base etica. La soluzione sollevata da The Economist per uscire da questo cul de sac sarebbe facile, sarebbe lì a portata di mano, tornare al capitalismo classico, buttare a mare il ceo capitalismo delle felpe californiane, e con lui tutti quelli delle élite, fattisi establishment, che da 25 anni sono al potere. Questo vorrebbero il mercato e la meritocrazia. Chi sbaglia a casa, punto.
Invece no, costoro non hanno nessuna intenzione di andarsene, Lagarde (FMI), con Draghi (BCE) una dei due inventori dell’ovvietà fatta pensiero, ci dice:
a) dobbiamo uscire dalla Brexit a testa alta (chissà cosa vuol dire);
b) si è scavato un fossato fra vincitori e perdenti (quindi era pia che noi fossimo i perdenti);
c) le soluzioni ai problemi sono globali, vedi Ebola (grave scivolata, Madame, voi siete il virus, noi i malati, da voi infettati);
d) c’è un evidente sfasamento tra quello che vedono i popoli e la situazione effettiva (una colossale bugia, semplicemente non siamo ciechi);
e) nel caso Brexit c’è stato uno sfasamento fra élite e popolo inglese, un problema di percezione sulla verità rivelata (immagino stia scherzando, Madame);
f) si è verificato un aumento delle diseguaglianze, ci vuole una globalizzazione benevola, dal volto umano, che sappia ridistribuire le ricchezze. (questa è imperdibile, sostituire il compassionevole d’antan con benevolo, più religioso il primo, più laico il secondo, fa di Madame il primo gesuita donna).
Queste parole sono state pronunciate ad Aix-en-Provence, con la puzza sopra il foulard e sotto il nasino alla francese. Malgrado l’irritazione che provo ascoltandola, preferisco Madame Lagarde, lei almeno dice la verità, tutti quelli del G7 e Draghi, la pensano nello stesso modo, ma essendo dei veri illuminati, si guardano bene dal dirlo.
Inutile perdere tempo con costoro, dovrebbero semplicemente andarsene, “chi sbaglia a casa, punto”. La frase più divertente l’ha detta un conservatore inglese, Michael Gove: “We have too many experts”. Saremo mica al dessert?
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