Sono un grande consumatore di talk show politici (italiani e svizzeri). Fra un mesetto si ricomincia a passare dall’uno all’altro, ho la sensazione, anche perché entriamo nell’ultimo miglio pre elezioni, che siano necessari dei cambiamenti, una diversa selezione e gestione degli ospiti, nuove parole chiave, nuovi linguaggi.
L’immigrazione sarà il tema dominante delle elezioni. Finora i format avevano una configurazione fissa: 1. Sinistra: “Ditelo, allora volete farli morire tutti in mare?”; 2. Destra: “Ditelo, allora volete portarli tutti in Italia? Abbiate almeno il coraggio di andare a prenderli con i traghetti Tirrenia, se no è pura ipocrisia”. 3. Sinistra: Siete dei miserabili populisti, usate sempre lo stesso paradosso trito e ritrito…” E con questo ping pong di non risposte e di imbarazzi reciproci siamo invecchiati davanti alle Tv, il rapporto con l’immigrazione si è vieppiù degradato, i politici hanno perso ulteriore credibilità, la stessa Chiesa si è appiattita su ovvietà sociologiche anni ‘60, le tensioni fra noi cittadini si sono fatte sgradevoli, molti voteranno con la pancia. Insomma un disastro comunicazionale delle nostre élite. Al solito non hanno capito il cambio di paradigma, perché di questo si tratta.
La nebbia in agosto ci sta facendo compagnia, intorbidisce i nostri ragionamenti, i cambiamenti ci sfuggono, pensiamo di essere a teatro invece siamo in un supermercato. Nessuno di noi analisti aveva capito l’impatto che avrebbe avuto Marco Minniti al ministero degli interni. Chi non ha vissuto il dopoguerra non può capire che è il ministero più in sintonia con i cittadini, lì trovi ancora i veri servitori dello Stato: polizia giudiziaria, amministrativa, stradale, penitenziaria, forestale, pompieri, croce rossa. Insieme ai magistrati gli unici di cui i cittadini normali si fidano.
Quando è stato guidato da un uomo di destra (di testa, non necessariamente di tessera), tipo Scelba, Andreotti, Tambroni, Napolitano, Maroni e ora Minniti (ormai solo gli ex comunisti sono intellettualmente di destra, nel caso di Minniti, a sua insaputa) molti di noi si sono sentiti più protetti.
Cari amici conduttori, con Minniti non si può giocare con le parole, le sue sono posizioni forti, convinte, si capisce che ha un imprintig militare (padre generale), così la sua preparazione, per anni figura apicale dei Servizi. I talk 2017-18 dovranno adeguarsi al contesto modificato:
- La Guardia costiera del governo di Tripoli (riconosciuto dall’Onu e che fa riferimento all’Alto Commissario per i rifugiati) ha cominciato a fare il suo lavoro di pattugliamento anti scafisti nell’ambito delle sue acque territoriali. Quindi stiamo con loro, dalla parte della legalità;
- Nei primi giorni ha salvato dalla morte in mare 800 migranti, riportandoli a terra. Perché i media nostrani (quelli di regime) hanno usato il verbo “arrestati”? Se lo fa una Ong molto chiacchierata, come la tedesca Jugend Rettel (quella che a prua ha la scritta, in inglese of course, “Vaffanculo Italia”) perché usano il verbo “salvati”? Una sconcezza;
- I migranti africani sono entrati illegalmente in Libia e illegalmente vogliono uscire per venire in Italia. Perché ciò non è stato loro concesso dalla Turchia (corridoio balcanico) e dalla Spagna (corridoio Ceuta)? Il giochino “ponti-muri” (bene-male) o vale per tutti o per nessuno.
- Giorni fa con un tweet avevo raccomandato a Roberto Saviano di essere cauto, dopo la débâcle delle Ong. Lui niente, ha parlato, prendendosi la giusta reprimenda da Ernesto Galli della Loggia. Capisco, lui ormai è un brand (come Neymar: è una maglietta che corre), e da brand deve comportarsi, usando cioè le categorie del marketing come fanno, senza offesa, Fedez e Chiara Ferragni.
E’ ovvio che un medico non possa andare in un ospedale armato, ma opporsi che su una nave di raccolta migranti ci sia un (uno) funzionario di polizia giudiziaria dell’unico paese che accetta di prenderli, è posizione politicamente miserabile. E poi, attenti, stiamo giocando avventurosamente con le parole, stiamo arrivando a un passo dal pronunciare la bestemmia: “In fondo gli scafisti svolgono un’attività umanitaria”. Sarebbe la fine di una cultura politica: la sinistra precipitata nel radical chic.
Riccardo Ruggeri