L’accozzaglia anti Renzi ha vinto, l’accozzaglia pro Renzi ha perso. Leggendo i primi commenti delle due accozzaglie non pare abbiano entrambi preso atto dello stato di crisi della cosiddetta Seconda Repubblica. Accozzaglie culturalmente vecchie lo erano prima, lo sono rimaste ora, come si evince dalle prime reazioni pubbliche.
Mani pulite aveva evidenziato come l’establishment politico avesse fornicato (segretamente) con l’establishment economico. La grande intuizione di costoro, dopo aver evitato la galera, fu di istituzionalizzare, questa volta alla luce del sole, un’alleanza, pardon una joint vènture, formalmente fifty-fifty come direbbero i colti, ma con l’azione d’oro (golden share) nelle mani dell’establishment economico. La responsabilità politica (premier) fu assegnata a politici o pseudo tali, nella fattispecie vi fu un’alternanza fra un imprenditore-manager (Silvio Berlusconi) e un professore-boiardo (Romano Prodi). Veniva certificato così un ruolo ancillare dei politici rispetto ai supermanager.
Lo confesso, sono stupefatto delle reazioni delle élite. Due giorni prima del voto, rispondendo ai miei ultimi quattro Camei, il professor Angelo Codevilla (i lettori della Verità hanno imparato a conoscerlo come raffinato politologo, alla recenti elezioni si era schierato contro il Partito della nazione americano, Clinton-Bush-Obama, a favore di Donald Trump), mi scrisse dall’America: «Certo, una maggioranza c’è, ma è la “maggioranza nazzarena”, nulla l’ha mai legittimata, anzi, questa, nell’ipotesi vincesse il No, avendo sostenuto una proposta e una campagna bocciata dall’elettorato, sarebbe delegittimata, punto. Il popolo, che votando No esprime il suo sdegno verso il premier Renzi, come potrebbe pretendere di sostenere che un nuovo premier sia un cambiamento? Mi pare che la logica della democrazia, specie quella parlamentare, esiga nuove elezioni. Quanto al “mercato”, anche qui, sulle coste del Pacifico, si parla dell’eventuale No italiano come un’indicazione del fatto che l’ordine socio-politico dell’Europa sia prossimo al collasso. Gli investitori americani già pensano alle elezioni francesi. Comprano, ma hanno il dito sul grilletto per vendite massicce. Sanno che la struttura finanziaria Usa-Europa è insostenibile, e nessuno vuol essere “the last fool”»,
Gli italiani si sono espressi. Bocciando una legge costituzionale (in verità ridicola), hanno bocciato Matteo Renzi. Due dati: a) l’81% dei giovani (18-34 anni) hanno detto No a un premier di 41 anni (sic!); b) questi vince solo nelle oasi chic delle città ricche. Il voto ha bocciato l’establishment che ci governa da un quarto di secolo, eppure costoro, ottusamente, credono che tutto cominci e finisca con il loro (stracco) modello economico-politico.
Certo, ora la palla torna, formalmente, al presidente Mattarella, in realtà torna all’establishment. I loro centri studi le hanno sbagliate tutte: comprensibile, prima della Brexit; incredibile, dopo lo schiaffo di Donald Trump. Eppure hanno puntato su un personaggio come Renzi (vedasi i mortali endorsement, dai Sergio Marchionne ai Wolfgang Schäuble).
Restano loro due opzioni, una di retroguardia, una innovativa, e cioè: a) puntare su un Partito della nazione, costituito da due sconfitti, Matteo Renzi e Silvio Berlusconi; b) fare una riflessione radicale, prendere atto del fallimento dell’attuale capitalismo deviato, trovare una soluzione diversa. Gli inglesi di Margaret May e gli americani di Donald Trump ci stanno lavorando, alacremente.
Essendo questa, non un’elezione politica, ma un banale referendum, in realtà è l’ultimo avvertimento prima delle politiche. Hanno così l’opportunità di poter ripensare una legge elettorale non maggioritaria (il ballottaggio lo hanno già avuto) che li potrebbe ancora salvare. Avranno la capacità di rinnovarsi radicalmente, buttando a mare ideologi e scenaristi bolliti, e di risolvere i tre problemi che ci assillano, e cioè il lavoro che vogliono rubarci, l’immigrazione selvaggia, il mostruoso debito? Non lo so, comunque seppelliamo per sempre le due accozzaglie nelle quali ci siamo divisi, torniamo a essere cittadini pensanti, difendiamo la libertà di voto, soprattutto rispettiamoci fra di noi.
Riccardo Ruggeri