E se il referendum costituzionale fosse emotivamente morto? Abbattuto da noi cittadini, certo, però con responsabilità diverse, marginali quelle del popolo, massime quelle della classe dominante, Governo e Parlamento in primis. Abbiamo speso talmente tante parole, gli abbiamo dato talmente tanti significati, lo abbiamo caricato di tali responsabilità che, a insaputa dei più, è emotivamente collassato.
Con tre parole chiave, di tre uomini chiave del referendum, ho costruito una locuzione che ne rappresenta la sintesi: “un’aberrante accozzaglia di serial killer”. Il Presidente Napolitano ha definito “aberrante” le modalità con le quali è stata condotta la campagna referendaria, in primis, immagino da Matteo Renzi e Soci del No. Questi l’ha caricato di valenze non sue, forse per riaffermare una leadership in calo. Chissà se per colpa del suo consulente Jim Messina (immagino nulla sappia della complessa psicologia dell’italiano elettore), si è buttato in un’avventura assurda, ha scelto strategie comunicazionali rischiose, a volte sciagurate. A una settimana dalle elezioni, mi pare di essere alla festa di San Firmino, l’encierro,: la chiusura-apertura che libera i tori per le strade di Pamplona, una folle corsa di 850 metri, distruggendo tutto ciò che trovano sulla loro corsa. Renzi partito per fare l’eroe di san Firmino si è ritrovato a fare il toro, e ora sta correndo, come un pazzo, con la speranza di non finire, prigioniero, nel corral.
Il referendum sta demolendo, giorno dopo giorno, tutti quelli che si schierano e operano o per il Si o per il No. Il grado di insofferenza cresce, giusto o sbagliato che sia, così è. Giorgio Napolitano, in questa vicenda, si è bruciato sette anni da Padre della Patria (forse avrebbe dovuto farsi consigliare da Papa Ratzinger sul ruolo di “presidente emerito”). Matteo Renzi, inanella scivolate e gaffe in serie, tutte comprensibili, stante il ritmo al quale si sottopone giornalmente. Il suo linguaggio, e il suo modo di porsi, già di per se imbarazzanti, per la sproporzione fra parole e concetti, quando è in forma, con la stanchezza accumulata, degrada fino al definire “accozzaglia” i suoi avversari politici. Altrettanto inaccettabile il linguaggio da mattatoio (serial killer, scrofa ferita), di Beppe Grillo.
Nell’immaginario del popolo le tre definizioni in termini comunicazionali si equivalgono, hanno una loro volgarità politica intrinseca, lo dimostra che accoppiandoli in un certo modo ne esce quella sgradevole locuzione “un’aberrante accozzaglia di serial killer” applicabile, con queste premesse, a entrambi gli schieramenti. Da mesi mi chiedo: perché tanto odio e tanta cattiveria per una (scadente) riforma costituzionale? Pur essendo del mestiere, onestamente non lo capisco. A tutti noi, comuni cittadini, sfugge perché vi sia da parte dei leader questa pervicacia a spaccare il Paese, a tagliarsi i ponti alle spalle (oltre tutto nessuno di loro è un Hernán Cortés), per far prevalere delle modifiche costituzionali alle quali appena l’8% dei cittadini si dichiara interessato.
Ormai è tardi, dobbiamo andare a votare, voteremo non per il referendum (a me pare già emotivamente morto), ma a favore o contro Renzi. Nessuno osa dirlo, ma sarà così. E allora facciamolo, serenamente, e non parliamone più. Comunque vada, ho una certezza, non succederà nulla, assolutamente nulla. Quando sei un paese tecnicamente fallito, fai parte di un’Europa tecnicamente fallita, stante il modello politico-economico adottato, vivi in un sistema finanziario osceno, con media a-professionali, emotivamente schierati o distratti, che può ancora succederti? Nulla, il 5 dicembre sarà solo un altro giorno. Se fossimo intelligenti e perbene, quel giorno ci scambieremmo un segnale di pace, indipendentemente chi abbia vinto. A me pare che abbiamo già perso tutti.
Riccardo Ruggeri