Dopo la sfida televisiva Renzi versus Zagrebelsky, finora l’unico momento alto di questo dibattito miserabile, Eugenio Scalfari aveva assegnato la vittoria 2 a 0 al premier, creando un’insurrezione nella maggioranza dei lettori di Repubblica. I suoi pezzi hanno, almeno per me, un effetto strano, li capisco al volo, ma li dimentico subito, come se il mio cervello, per oltre ottant’anni immerso in un brodo di coltura popolare, li resettasse al momento del ricevimento. Di contro, quando leggo Gustavo Zagrebelsky faccio una notevole fatica a comprendere la profondità del pensiero, ma poi, impossessatomi della sua ratio, li archivio nell’area “concetti”, non li dimentico più, anche se non li condivido. Ho sintetizzato per i lettori questo alto dibattito triangolare, via tv-carta, in otto slide, una di Scalfari (la 1) sette di Zagreblesky (dalla 2 alla 8).
- Tutti i governi sono solo oligarchie più o meno ristrette e inamovibili: cambia solo la forma, democratica o dittatoriale.
- Se distinguiamo le forme di governo dal numero dei governanti esiste solo la forma oligarchica, in quest’ottica democrazia e monarchia sono ipotesi astratte.
- La democrazia, come pieno autogoverno dei popoli, è emersa solo due volte, sempre in Francia (fine ‘700 e Comune di Parigi, 1871) entrambe finite, la prima nella dittatura del Terrore, la seconda in un bagno di sangue.
- Da alcuni secoli vediamo all’opera la “legge ferrea dell’oligarchia”, i grandi numeri della democrazia della fase iniziale evolvono verso i piccoli numeri delle cerchie di potere, e lì si perpetuano.
- Gli antichi avevano trovato la sintesi perfetta: l’oligarchia è il modello dei ricchi, la democrazia quello dei poveri.
- Fin dall’antichità il termine “oligarchia” ha una connotazione negativa, per questo gli oligarchi devono mascherarsi, mentire, al contempo però esibire una realtà diversa, artefatta, fittizia, fare propaganda, dare regalie e spettacoli al popolo. (Personalmente sintetizzo questa strategia come: “doping comunicazionale” e “bonus focalizzati”).
- Tutte le parole alla base della democrazia (libertà, giustizia, uguaglianza, etc.) hanno assunto col tempo un che di ambiguo, persino di duplice. Per quelli al potere significano legittimazione dell’establishment, per il comune cittadino significa il contrario, lui vuole avere la possibilità del controllo, della partecipazione, della contestazione.
- In questo senso si deve interpretare l’art. 1 (la sovranità appartiene al popolo), in connessione con l’art. 3 (…riforme finalizzate alla libertà, all’uguaglianza, alla giustizia sociale).
Mentre la slide 1 è riferibile a Eugenio Scalfari, quelle da 2 a 8 a Gustavo Zagrebelsky, la 9 è solo mia.
- Alla fine, la mia analisi torna sempre alla casella di partenza, al vero quesito: il combinato disposto riforma-Italicum tocca o non tocca l’art. 1? Se fossi un oligarca o uno sprovveduto, non mi porrei il problema, voterei Si. Non essendo né l’uno né l’altro, devo decidere se è vero che le modifiche incidano o no sull’art. 1, ovvio, nella sostanza, non certo nella forma. Solo così sono nelle condizioni di votare nel merito Si o No.
Per fortuna, mancano ancora 50 giorni al fatidico 4 dicembre, i sostenitori del Si e del No parlano, parlano, chissà che nella montagna di menzogne e di verità (piuttosto mezze di entrambe) che ci propinano, la verità vera possa loro sfuggire, solo allora potrò votare sul merito. Se non fosse possibile, voterò la persona.
Riccardo Ruggeri