Sorrisi da un mondo fuori dal mondo, Piscinas

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Vacanze a Piscinas, nel Medio Campidano sardo. In realtà, da quando faccio il giornalista, e da poco tempo pure il blogger (con grande gioia dei miei nipotini che tifano per questo nonno un po’ matto), mi considero perennemente in vacanza. È un lavoro bellissimo, specie se non ti lasci coinvolgere dalla politica politicante, se hai vissuto, con golosità, una vita ricca di insuccessi sparsi e di successi concentrati, se sei invecchiato sorridendo, se scrivi perché ti piace scrivere (poi se ti pubblicano sei contento, sennò è lo stesso), se hai tanti amici, nessun avversario (salvo te stesso) e un solo nemico, oltretutto non una persona, ma un’entità astratta come il ceo capitalism.

Da tempo immemorabile passo le vacanze a Piscinas, all’hotel Le Dune, un tre stelle ubicato in un ex edificio dell’industria mineraria, definito dall’Unesco “patrimonio culturale dell’umanità”. Si ci arriva solo in auto, dopo molti chilometri di strada sterrata, superando a guado un fiumiciattolo spesso in secca. È inserito in un parco naturale, un territorio ricco di erbe officinali, una lunga spiaggia di sabbia fine, dominata da gigantesche dune del Quaternario, che assorbendo o espellendo calore regolano la temperatura della zona, spingendo le nuvole atlantiche cariche di pioggia verso il continente (termine sardo per intendere Italia).
Il mare di Piscinas fa vita a sé, decide giorno per giorno se vuole essere o meno violato dagli ospiti, tutti i venti sono presenti, ognuno si sceglie il suo, il mio è il maestrale. Chi vuole si ciba di pesce appena pescato, spesso crudo, spaghetti con bottarga di Marciaddì, ricotta di pecora nera e beve sapidi vermentini. La vita degli ospiti ruota tutta intorno a un momento topico, le 20.30, quando il sole si tuffa (al rallentatore) nel mare, il silenzio si fa religioso. Poi, la vita riprende, si mangia, si beve, si chiacchiera, si guardano le stelle, si sorseggia il mirto ghiacciato (solo il rosso, mi raccomando), osservando sul muro le lotte mortali fra gechi e insetti, infine arriva “l’ora del topo”, si va a dormire.27
Ogni volta, a fine vacanza, grazie alle dune e ai gechi, ho molte più energie positive di quando sono arrivato.
La nuova proprietà dell’hotel (un amico caro) s’ispira, modernizzandola, a quella mitica del Colonnello che lo aveva creato negli anni Novanta, focalizzata su un approccio naturalistico-culturale della vacanza, a forte impronta sarda. Piscinas è un mondo fuori dal mondo, al contempo terra di miniere, di dune, di spiagge chilometriche a esclusiva disposizione della cinquantina di clienti delle Dune. La cucina è basata su una materia prima locale eccellente. Le parole chiave che connotano Piscinas sono: bellezza, silenzio, rispetto. Come dovrebbe essere un mondo di uomini liberi.
Negli anni Settanta ero tra i quattro gatti che in Italia si occupavano di organizzazione aziendale e tra i quattro topolini che amavano studiare le dinamiche delle leadership proprietarie, al tempo in cui queste erano ancora convinte di essere le padrone delle ferriere. Il Sessantotto stava dispiegando i suoi primi danni, che avrebbero a gioco lungo penalizzato le classi povere, stravolto i valori delle classi medie, ridotto a macchiette le classi alte, per arrivare all’attuale prodotto finale: il banchiere centrale tutto cipria, foulard e paillettes, il ceo tutto inettitudine e ferocia, avvolto da felpe, maglioncini, vecchi gessati. Infine il politico, attonito, con scatti di tenero velleitarismo.
Allora, fra noi addetti ai lavori, vennero di moda le “mappe sociali”, i “quadranti”. Io, giovane manager dell’organizzazione e delle risorse umane, giocavo a che cosa mettere sulle ascisse e che cosa sulle ordinate, quindi a scegliere le quattro parole chiave per i quadranti; escogitavo pure doppi “ingressi”. Nelle convention manageriali il successo era assicurato, in slide raffinate spiegavo l’acqua calda, con finale a sorpresa: una “mappa” riassuntiva. Ecco allora scattare l’applauso liberatorio, poi tutti al bar, con grassi anacardi e margarita ghiacciata, al sapore di sale.
Nacque allora una figura mitica, per designare la quale solo la lingua piemontese trovò un termine acconcio: lo “slideur” (si pronuncia alla francese), un affabulatore che sul motto della slide proiettata sullo schermo costruiva discorsi colti, rigorosamente con zero contenuti, ma ad alto impatto emotivo. Come fanno i Nobel dell’economia. Obama è stato il primo a dare dignità politico-presidenziale alle slide, così gli altri del G7. Costoro non usano però “mappe” e “quadranti”, modalità consueta invece nelle presentazioni, in verità apparentemente dissociate, di Farinetti.
C’è un blog di viaggi molto interessante, specie perché simpaticamente autoironico, Finding Neverland. Due anni fa, mise a punto un quadrato semiotico che abbinava mete turistiche e orientamenti politici, ora è sul Web. Il quadrato riporta sull’asse sintagmatico “sinistra” versus “destra”, mentre sull’asse paradigmatico “elitario” versus “popolare”, individuando così quattro fenotipi etnografici (scusate la terminologia tecnica). Partendo da sinistra in alto, in senso orario, troviamo quindi: 1) “radical chic”; 2) “snob”; 3) “truzzo”; 4) “frikkettone”. Ben scelti questi termini, non c’è dubbio che ciascuno di noi è riconducibile a uno di questi quattro fenotipi. Inutile che cerchiamo di sfuggire, inventandoci inesistenti mixaggi o accoppiate, ovvero una quinta o sesta tipologia più consolatoria. Se siamo intellettualmente onesti, da uno di questi quattro nessuno di noi può prescindere. Ciascuno di noi, sia che appartenga all’1% di Piketty, sia al 99% residuale, è o un radical chic, o uno snob, o un frikkettone, o un truzzo, punto.
Se i lettori lo vogliono, si autoanalizzino e scelgano un quadrante, nessuno li obbliga a fare outing. Invece, come giornalista il mio outing è atto dovuto. Penso di essere un “truzzo”. Riflettendo sulla mia vita passata, sono nato e vissuto fino ai quarant’anni da “frikkettone”  (sinistra-popolare), per trent’anni sono vissuto nel mondo rarefatto sia dei “radical chic” (sinistra elitaria) sia degli “snob” (destra elitaria). Grazie all’educazione (anarchica) impartitami dalla mamma, ne sono uscito integro, neppure sfiorato da una delle loro infinite buffonesche sconcezze. Fino a ieri ero all’oscuro di esserlo, ora lo so, da anni vivo, felice, da “truzzo”.
Come blog turistico, Finding Neverland  indica pure, per ciascuno dei quattro fenotipi, i luoghi di villeggiatura coerenti con i rispettivi profili umani. In sintesi: 1) “radical chic”: Vietnam, Cambogia, Thailandia, Bali, Elba, Favignana, Capalbio; 2) “snob”: Porto Cervo, Montecarlo, Saint Tropez, Forte dei Marmi, Santa Margherita; 3) “truzzi”: Sharm, Myconos, Ibiza, Miami, Rimini, Milano Marittima. 4) “frikkettoni”: Perù, India, Salento, Corsica (in tenda), Grecia (in bici).
Finora la maggioranza degli italiani si divideva secondo l’asse sintagmatico (“sinistra-destra”), quindi i quadranti 1-4 si contrapponevano a 2-3. La politica ha abbandonato ormai il modello “sinistra versus destra”, scegliendo il modello paradigmatico “élite versus popolo”. Ne sono lieto, questo è il mondo nuovo.
Piscinas non solo è luogo magico ma è pure all’avanguardia, fin dalla sua nascita aveva sposato un modello coerente con il territorio, con le dune, con il mare, con i gechi, con il suo mitico maestrale, quindi in tempi non sospetti si era posizionata sui quadranti 3-4. Ad essi sono sempre stati riconducibili il personale dell’hotel e la proprietà, così come lo zoccolo duro dei clienti storici. In conclusione, a Piscinas mi sento a mio agio, “truzzo”, con altri “truzzi” o con simpatici “frikkettoni”.
Noi clienti storici di Piscinas a inizio anno ci siamo scambiati le rispettive date di presenza, ci saremo tutti: un industriale emiliano, un storico-scrittore ex Rai, un personaggio chiave della politica, una berlinese dal grande cuore, una dolce esperta di televisione. Ogni anno uno di noi si assume l’incarico di svolgere un tema, quest’anno tocca a me, ho scelto: “C’era una volta il bipolarismo, improvvisamente si fece tripolarismo…”.
Il primo atto sarà trovare un accordo in quale quadrante (radical chic, snob, truzzo, frikkettone) collocare i diversi personaggi della politica, dell’industria, delle banche, della cultura quest’anno sul palcoscenico (sono curioso su dove allocare i pentastellati). Vorrei proporre pure una sotto classificazione, stante la pretesa dei radical chic e snob di appropriarsi del diritto di definire “populisti” (la parola oggi più alla moda) tutti gli altri, mentre truzzi e frikkettoni rifiutano questa definizione, e la respingono al mittente al grido “populisti sarete voi”. Imbarazzante.
Da informazioni segrete di miei infiltrati in quel di Capalbio, pare che colà si stia delineando una spaccatura fra i radical chic, fino a ieri, almeno a parole, rigorosamente renziani, mentre ora sono in aumento le prime defezioni verso i pentastellati, seppur con motivazioni finto-sfidanti tipo “diamogli la chance di fallire, così scompariranno per sempre”. Le donne paiono le più spregiudicate, ormai fanno ambigui outing proiettati al futuro, ma i più scaltri hanno la certezza che alcune abbiano già votato, al ballottaggio, per Raggi o Appendino. Molto criticato Salza per la spregiudicatezza mostrata verso l’amico Fassino e la rapida inversione a “U” verso Appendino a urne appena chiuse. Il fortino renziano a Capalbio ormai è presidiato dai soli Franco & Linda e Chicco, un po’ intristiti, silente Napolitano junior.
I meno radical e più chic, si organizzano per una ripresa non professionale dello spettacolo di Travaglio “Perché no. Tutte le bugie del Referenzum”, per poi vederselo in gran segreto nella camera della filippina nel giorno di riposo: un brutto segnale. Grande imbarazzo per l’intervista di CDB al Corriere, è argomento tabù, nessuno ne parla, ogni giorno si consultano Repubblica e Stampa (persino Gramellini) per vedere come e se declinano le sue parole. Si attende Napolitano (senior), da quando è diventato “emerito” dovrebbe evitare di parlare, non lo fa, il suo impatto a ogni nuova stagione si fa sempre più cipria. Come si comporterà sotto l’ombrellone?
Proprio perché, orgogliosamente, non sono né anti né pro renziano, mi permetto un suggerimento. Il momento del massimo influsso astrale su Piscinas sono le giornate a cavallo tra la fine di luglio e i primi giorni d’agosto, quando il vecchio Colonnello faceva la festa di mezza estate. Mi lancio in una proposta.
Caro presidente Renzi, venga a Piscinas, ceni con noi, siamo quattro amici, per seguire lo schema di cui sopra, non radical chic, non snob, direi piuttosto truzzi o frikkettoni, ma siamo persone perbene, con noi può stare tranquillo, non parleremo di politica, nulla le chiederemo. Le racconteremo storie di mare, le illustreremo la potenza delle dune, le indicheremo in lontananza una famiglia di cervi sardi (bassi e tozzi, ma fieri), assisteremo in silenzio al tramonto in mare del sole (il più bello del mondo, mi creda), ci faremo preparare gli spaghetti (18 minuti di cottura) con pomodoro a crudo, mangeremo tocchi di formaggio di pecore nere, berremo un vermentino basico ghiacciato. Poi ci sposteremo nell’aia ad attendere che il cielo si faccia pece, così vedremo quantità industriali di stelle. Sempre in silenzio, osserveremo le lotte fra gechi e insetti.
Sono certo che lei, prima di tornare a Roma, avrà un’illuminazione improvvisa: da quel momento avrà risolto quello che immagino essere il suo attuale problema: ripensare e leggere il bipolarismo con lenti trifocali. Significherà, caro presidente, che le divinità pagane sarde, soggiornanti fra il mare e le dune di Piscinas, le hanno concesso di superare questa fase critica e rimanere a Palazzo Chigi. Da quel momento amerà per sempre Piscinas, le dune, le stelle, i gechi. L’attendiamo.

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